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Cronaca Terracina

In corteo in difesa dei diritti: “Basta a caporalato, sfruttamento e razzismo”

La manifestazione a Borgo Hermada dove vivono migliaia di indiani. Il segretario della Cgil Susanna Camusso: “Se si spara ad un lavoratore che sta tornando non è una ragazzata ma un episodio di razzismo sostenuto da chi semina odio”

Hanno sfilato per le strade di Borgo Hermada, frazione di Terracina che ospita migliaia di cittadini indiani, per chiedere il rispetto della dignità umana, dei diritti fondamentali dell’uomo, del lavoro ed equo salario. E’ andata in scena ieri la manifestazione intitolata “Quanta strada nei miei sandali” organizzata da Flai Cgil di Roma e Lazio, Cgil di Roma e Lazio, Comunità Indiana del Lazio e cooperativa InMigrazione; una manifestazione che ha visto tra protagonisti proprio i cittadini indiani che vivono a Terracina, molti quali hanno sfilato per le vie in sella alla loro bicicletta lo stesso mezzo che ogni giorno li accompagna fino al posto di lavoro, e voluta dagli organizzatori per “rispondere al dilagare del caporalato in agricoltura, alla mancata applicazione della legge 199/2016, ai fenomeni di schiavismo che si vanno affermando, alle aggressioni ai lavoratori immigrati”.

Una mobilitazione arrivata dopo i gravi fatti che hanno segnato in questi mesi la provincia pontina, con spari esplosi da armi ad aria compressa contro migranti e braccianti agricoli indiani, e dopo le diverse operazioni di polizia contro il caporalato e lo sfruttamento del lavoro nelle campagne. A sfilare anche Gurmukh Singh, presidente della Comunità Indiana del Lazio, il giornalista Marco Omizzolo responsabile scientifico di In Migrazione e il segretario generale della Cgil Susanna Camusso che è poi intervenuta sul palco durante il presidio in piazza XXIV Maggio. Presente alla manifestazione anche il consigliere comunale di Terracina Andrea Bennato. 

 “Questa piazza rappresenta l’Italia che ci piace, quella in cui ci riconosciamo e quella che non ha paura di pensare che ognuno deve avere gli stessi diritti indipendente da dove è nato o da dove viene, ma deve avere gli stessi diritti perché è tra noi e deve poter vivere come noi” ha detto Susanna Camuso in apertura del suo intervento in cui ha toccato i temi importanti del caporalato e dello sfruttamento in agricoltura, fortemente sentiti nella provincia pontina. “Quello che vogliamo dire da questa piazza - ha proseguito il segretario generale della Cgil - è che noi abbiamo paura di rivendicare i nostri diritti, di dire che non riconosciamo chi vuole il razzismo, di dire che se si spara ad un lavoratore che sta tornando non è una ragazzata ma un episodio di razzismo sostenuto da chi semina odio. L’odio non porta da nessuna parte, fa diventare i lavoratori nemici offrendo la possibilità di poterli sfruttare meglio. Ed è per questo noi siamo insieme ai lavoratori siano essi italiani, stranieri, indiani, comunitari o che vengono da qualunque parte nel mondo. Perché una lezione abbiamo imparato nella nostra storia: quando si cerca di separare i lavoratori è perché li si vuole sfruttare di più. E non abbiamo paura di dire che anche qui, nelle campagne dell’agro pontino, c’è lo sfruttamento”.     

“Dobbiamo dire basta al caporalato, basta allo sfruttamento lavorativo e basta al razzismo” ha detto Marco Omizzolo nel corso del suo intervento sul palco. “Oggi non dobbiamo più toglierci il turbante davanti al padrone, al mafioso o al caporale. Oggi abbiamo una buona legge contro il caporalato che dobbiamo usare ancora di più. Dobbiamo avere il coraggio di denunciare ed iniziare una battaglia sociale anche contro i finti leader della comunità indiana, che sono protagonisti di un sistema di sfruttamento”. 

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