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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Estorsioni e turbativa d'asta per i chioschi: cadono molte delle accuse per gli Zof

Il Tribunale del Riesame si è pronunciato sulla posizione di Maurizio e Alessandro. Annullati sei capi di imputazione per insussistenza di gravi indizi

La posizione di Maurizio e Alessando Zof, tra i principali indagati nell'indagine della Dda sulle modalità di assegnazione dei chioschi sul lungomare di Latina esce alquanto ridimensionata dopo il passaggio al Tribunale del riesame di Roma.

I giudici hanno infatti annullato parte dell’ordinanza in riferimento a sei capi di imputazione, tre per il padre e altrettanti per il figlio, per i reati di turbativa d’asta e estorsione . Con tale pronunciamento, le cui motivazioni saranno depositate entro 45 giorni, cade quasi completamente la contestazione della Dda e restano in piedi soltanto due episodi estorsivi rispetto ai quali la difesa, rappresentata dagli avvocati Alessia Vita, Virginia Ricci e Marco Lucentini ,che nel suo ricorso ha sostenuto l’insussistenza dei gravi indizi, intende chiederne l’annullamento.

Maurizio e Alessandro Zof erano stati colpiti da misura cautelare il 30 gennaio scorso nell’abito dell’inchiesta sulla assegnazione delle piazzole nel tratto di litorale tra Capoportiere e Rio Martino. Gli investigatori avevano scoperto l'esistenza di intimidazioni, minacce, pressioni e rinunce sospette già a partire dal 2016 quando l’assegnatario della prima piazzola aveva rinunciato e quello spazio era rimasto vuoto e poi nel 2017 l’allora sindaco Damiano Coletta aveva presentato un esposto in Questura contro ignoti temendo che ci fossero intimidazioni che spingevano gli imprenditori a rinunciare. Le otto persone colpite da misura cautelare sono indagate a vario titolo di turbata libertà degli incanti ed estorsione aggravati dal metodo mafioso, diversi episodi di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Tra questi Maurizio Zof, i figli Alessandro e Fabio e la moglie - i primi due ai domiciliari, il terzo con obblighi di pg, la quarta indagata, chiamati a rispondere di associazione a delinquere con modalità mafiose e turbata libertà degli incanti e di alcuni episodi estorsivi. Secondo gli investigatori i componenti della famiglia che per decenni aveva gestito il “Topo Beach” non accettavano di essere stati esclusi e avrebbero intimidito gli assegnatari e anche i titolari di altri chioschi del lungomare.

Ora che il Tribunale del riesame ha annulllato parte dei capi di imputazione le contestazioni della Direzione distrettuale antimafia sono ridimensionate: restano in piedi infatti soltanto due episodi di estorsione rispetto ai quali la difesa intende chiedere la riqualificazione del reato in esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Così come presenterà un'istanza di revoca degli arresti domiciliari essendo venute meno le esigenze cautelari.

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