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Cronaca

Omicidio di Gloria Pompili: la ragazza picchiata a morte. Arrestati i parenti

La giovane, 23 anni, era morta il 23 agosto scorso dopo aver accusato un malore mentre era in auto e andava verso casa. L'autopsia aveva confermato che ad ucciderla erano state le botte ricevute. In carcere la cugina della madre e il suo convivente

Due ordinanze di custodia cautelare a carico di altrettante persone ritenute responsabili della morte della giovane Gloria Pompili, uccisa di botte a 23 anni. In carcere sono finiti la cugina della madre, Loide Del Prete, 39 anni, e il suo compagno, di nazionalità egiziana, Saad Mohamed, 23 anni. Entrambi sono accusati di omicidio come conseguenza di maltrattamenti oltre che di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.

L'omicidio

Gloria si era sentita male e aveva accusato difficoltà respiratorie mentre si trovava a bordo di un'auto che transitava per il comune di Prossedi sulla via di ritorno per Frosinone, dove la ragazza abitava insieme ai suoi due figli. Accanto a lei i due parenti stretti che ogni mattina la accompagnavano a prostiuirsi sulla strada, nella zona tra Anzio e Nettuno. Quella sera del 23 agosto però Gloria a casa non è tornata. L'ultimo pestaggio, l'ennesimo subito nella sua vita sfortunata, le è stato fatale. L'aggressione subita per mano di chi la sfruttava quotidianamente costringendola a prostituirsi, le ha provocato la rottura di una costola e la perforazione di fegato e milza con una conseguente emorragia interna. A confermarlo era stata l'autopsia.  

Parla il procuratore aggiunto Lasperanza - Il video 

Le indagini

Quello che invece hanno rivelato le indagini, condotte dalla compagnia dei carabinieri di Terracina e dagli uomini del Nucleo investigativo provinciale, è che ogni giorno la giovane Gloria veniva brutalmente picchiata. In casa, fuori casa e sul luogo di lavoro, anche davanti ai suoi due figli di 3 e 5 anni. Il suo fisico gracile non ha retto a quelle violenze e la ragazza è morta dopo aver accusato difficoltà respiratorie ed essersi accasciata fuori dall'auto, lungo la strada che l'avrebbe riportata a casa. Un'indagine complessa quella sulla morte di Gloria, che i carabinieri hanno seguito scandagliando il nucleo familiare, le sue conoscenze e la sua vita. "Dopo la morte di questa giovane ragazza - ha spiegato il procuratore aggiunto di Latina Carlo Lasperanza - c'è stata una corsa a testimoniare. Poche volte nelle indagini abbiamo assistito a una così profonda collaborazione dei cittadini. Tutti hanno voluto dare a Gloria, da morta, quello che non aveva avuto in vita. E ci hanno restituito una ricostruzione della sua vita quasi fotografica. Questo è un epilogo figlio di un degrado che si è trasformato in una violenza certamente fuori dal comune". Le indagini non finiscono qui. Se gli aguzzini della 23enne sono ora in carcere si indaga ancora sul ruolo ricoperto da altre persone che la conscevano e che le erano molto vicine, a partire dall'attuale marito della vittima, anche lui di nazionalità egiziana.

La vita della vittima

Una vita disperata quella di Gloria, che da piccola era stata abbandonata dai genitori ed era andata a vivere in una casa famiglia. A 18 anni  era uscita, sola al mondo, e sperando di rifarsi una vita si era legata ad un uomo, di nazionalità rumena che è poi finito in carcere lasciandola di nuovo sola con due figli piccolissimi. Da quel momento in poi chi doveva sostenerale e aiutarla l'ha invece avviata all'attività di prostituzione prendendone tutti i guadagni e soggiogandola con la forza. Gloria Pompili non aveva mai avuto il coraggio di denunciare, nonostante spesso le percosse subite le lasciavano segni evidenti sul corpo e sul viso. Ogni volta inventava una scusa, rifiutando anche l'aiuto dei servizi sociali di Frosinone, che pure avevano tentato di sostenerla intuendo che la donna potesse essere vittima di violenze. Non aveva vie di fuga e continuava a subire per paura e forse perché temeva per i suoi figli.

Il messaggio alle donne

"C'è un messaggio che voglio rivolgere alle donne vittime di violenza - ha detto il capitano Margherita Anzini, comandante della compagnia di Terracina - Uscire dall'incubo è possibile, ma occorre denunciare, trovare il coraggio di farlo". 

Le parole del capitano Anzini - Il video

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