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Cronaca

Operazione Alba Pontina, le mani del clan sulle campagne elettorali di Latina e Terracina

Nelle carte dell'inchiesta indagato anche Roberto Bergamo candidato al consiglio comunale del capoluogo nel 2016

Estorsioni a tappeto, spaccio ma anche reati elettorali. Nell’inchiesta Alba Pontina, che ieri ha portato a 25 arresti della squadra mobile nel clan Di Silvio, entra anche la politica. Lo evidenzia in conferenza stampa il procuratore della Dda Michele Prestipino Giarritta, sottolineando che si tratta di “episodi non particolarmente significativi, che riguardano per lo più manovalanza spicciola per l’attacchinaggio di manifesti ma anche episodi di comprvendita di voti”. Fatti che, se vlutati insieme “sono indice della mafiosità del gruppo – aggiunge il procurtore - della sua capacità di costruire una rete di rapporti con i rappresentanti del territorio e della vita politica”. Uno spaccato preoccupante di spartizione criminale delle attività elettorali, attraverso la quale i Di Silvio riuscivano a monopolizzare la propaganda di molti candidati, spesso imponendo i propri servizi altre volte vendendo i consensi degli elettori residenti nelle zone della città ricadenti sotto il loro controllo.

I nomi degli arrestati

L’attacchinaggio gestito dal clan

Le mani del clan arrivano nella campagna elettorale del 2016, nei comuni di Latina e di Terracina. Il 4 giugno del 2016 il commissariato di polizia di Terracina ferma Riccardo Agostino in compagnia di due soggetti già noti alle forze dell’ordine, Gianluca D’Amico e Matteo Lombardi, quest’ultimo già sottoposto alla misura della sorveglianza speciale ed entrambi finiti poi agli arresti nell’operazione di ieri. Nella loro auto ci sono numerosi manifesti elettorali che il gruppo era incaricato di attaccare a Latina e Terracina: in particolare della lista Salvini, di Cuori Italiani e della lista civica Sì Cambia. La propaganda elettorale veniva quindi gestita da alcuni uomini del clan tra cui un sorvegliato speciale, in violazione dell’articolo 76 del Codice Antimafia.

La gerarchia piramidale del clan

La compravendita dei voti

Ma le indagini hanno fatto emergere anche molti casi di compravendita di voti in occasione dello stesso periodo elettorale. Gli esponenti del clan si erano rivolti ad alcuni tossicodipendenti di Latina costringendoli, dietro minaccia, ad esprimere la propria preferenza per un candidato alle elezioni comunali di Latina ricevendo un compenso in denaro, fissato in 30 euro.  Due gli indagati nell’inchiesta per questo reato: Angelo Morelli e Roberto Bergamo, quest’ultimo in corsa per il consiglio comunale di Latina insieme al candidato sindaco Angelo Tripodi. Lo racconta uno dei tossicodipendenti assoldati dal clan, prelevato da casa, accompagnato al seggio nel giorno delle elezioni e costretto poi a dare prova del voto per il sindaco e per il candidato consigliere.  Tripodi però non risulta indagato nell’inchiesta, mentre Bergamo, pur indagato, non era stato eletto.

Dalle carte dell’inchiesta emerge inoltre che un detenuto vicino al clan fa arrivare dal carcere un messaggio nel quale chiede al gruppo di non occuparsi della campagna elettorale di Terracina e di dare i soldi ai detenuti. Ma la risposta di Armando Di Silvio è chiara: “La politica è tutta dei Di Silvio”.

A chiarire alcune dinamiche è, ancora una volta il collaboratore di giustizia Renato Pugliese: i manifesti elettorali venivano tenuti nascosti in una stalla non lontana dall´abitazione del capoclan, nel quartiere Campo Boario. In una intercettazione Gianluca Di Silvio, il figlio di Armando Di Silvio, affermava di essere stato pagato per acclamare un candidato nel corso di un comizio elettorale insieme ad altri soggetti. 

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