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Cronaca Cisterna di Latina

Traffico illecito di tre milioni di chili di rifiuti metallici: due i pontini arrestati

L'operazione Tellus scattata all'alba. L'indagine partita dai "roghi tossici" ha ricostruito gli affari dell'organizzazione che aveva al centro una società di Latina

Sono due i pontini coinvolti nell'operazione Tellus, scattata questa mattina tra Roma, Rieti e Latina, contro il traffico illecito di rifiuti. Si tratta di Salvatore Lupoli e Sandro Riggi, il primo originario di Velletri ed entrambi residenti a Cisterna. "La maggior parte delle condotte criminose - si legge nell'ordinanza - sono avvenute con la collaborazione della società Mcr srl", con sede legale a Latina, "e in particolare delle persone che rivestono preminenti ruoli amministrativi o operativi, quali Salvatore Lupoli (amministratore unico e legale rappresentante dal novembre 2015) e Sandro Riggi (capo operaio e collaboratore di Lupoli nella gestione operativa della società). Una terza persona, residente a Cisterna, risulta indagata a piede libero.

Entrambi i pontini sono finiti agli arresti domiciliari. Quindici in tutto sono stati gli arresti, di cui sei in carcere e 9 ai domiciliari, mentre per tre persone sono stati disposti gli obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria, per 12 il divieto di dimora nella provincia di Roma. Il blitz è scattato alle prime luci dell’alba e ha visto impiegati oltre 150 militari sui diversi obiettivi, tra Roma e Latina, supportati nelle attività condotte presso il Campo nomadi di via Salviati di Roma da un elicottero in costante sorvolo e da una stazione operativa mobile.

Operazione Tellus - Il video 

La società di Latina coinvolta nell'inchiesta

Il reato di traffico illecito organizzato di ingenti quantitativi di rifiuti è stato commesso "nell'interesse della società Mcr, nel cui centro - si legge ancora nelle carte - sono avvenuti tutti i conferimenti sin qui esaminati. E' la stessa Mcr ad avere sostanzialmente goduto dei rilevanti profitti derivanti dalla commissione dei reati". 

Le accuse

Sono in tutto 57 le persone indagate a vario titolo per traffico illecito di rifiuti, associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio e ricettazione di veicoli e truffa in danno delle assicurazioni, simulazione di reato, favoreggiamento personale. L’operazione "Tellus” arriva a concludere un’articolata attività di indagine scaturita nell’aprile 2016 da una serie di controlli eseguiti dai Reparti territoriali dell’ex Corpo Forestale dello Stato, finalizzati al contrasto del fenomeno dei "roghi tossici”, conseguenti alla gestione illecita di rifiuti operata prevalentemente da soggetti di etnia rom in concorso con i titolari delle aziende di recupero, che ne ricevevano le sole componenti di valore (es. rame, bronzo, ottone).

L'indagine

L’ indagine sviluppata dai carabinieri della sezione di polizia giudiziaria di Roma e dai carabinieri forestali di Roma e Rieti, coordinati dalla Procura della Repubblica, ha consentito di porre fine ad una vera e propria attività continuativa  per il “traffico illecito” di circa 3 milioni di chili di rifiuti metallici, per un indebito profitto complessivo stimato in oltre 440.000 euro, e ad un’associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione ed al riciclaggio di numerosi veicoli con truffe in danno delle assicurazioni.

Le indagini condotte dai militari con l’ausilio di attività tecniche, riscontri sul campo e controlli mirati, hanno innanzitutto consentito di ricostruire un’intera filiera illegale per la gestione di rifiuti metallici speciali ed urbani, di cui una società di recupero rifiuti rappresentava l’anello finale, dove avveniva l’ultima “ ripulitura”, realizzata con documentazione ambientale artatamente redatta e finalizzata a schermare l’illecito flusso di provenienza. A conferire i rifiuti erano per lo più soggetti di etnia rom, residenti presso campi nomadi ed insediamenti abusivi della Capitale, all’interno dei quali avvenivano sistematicamente le illecite attività di gestione delle più disparate tipologie di rifiuti, anche ingombranti, trasportati qui dopo essere stati raccolti dai cassonetti, oppure prelevandoli da utenze domestiche e da attività commerciali e artigianali.

Il business

All’interno di queste aree avvenivano vere e proprie operazioni di cernita, separazione e disassemblaggio, per l’estrazione delle componenti di valore dei rifiuti, che venivano poi rivendute alla società di recupero al fine di conseguire un ingiusto profitto, consistito per i trasportatori nel corrispettivo di vendita al predetto centro, e per la società ricevente nella successiva commercializzazione ad un prezzo superiore a quello di acquisto, lucrando sulle spese relative all’attività di recupero e allo smaltimento.

Gli scarti date alle fiamme

Un “risparmio” per la società, diventato però un costo per la collettività,  dal momento che le parti di rifiuto senza valore commerciale venivano sistematicamente smaltite  abbandonandole sul suolo e creando così immense discariche abusive periodicamente e ciclicamente date alle fiamme.

Ricettazione di auto rubate 

Le indagini condotte hanno permesso di appurare come il centro di recupero rifiuti fosse anche il terminale di approdo, ai fini dell’occultamento, di rifiuti metallici provenienti da attività di autodemolizione e rottamazione svolta all’interno di un impianto, oggi posto sotto sequestro. Qui c'era la base operativa di un gruppo strutturato di persone dedito alla ricezione di auto di lusso oggetto di furto o appropriazione indebita e di cui, dopo un rapido "smontaggio", ne venivano rivendute sul mercato (anche estero) alcune componenti come parti di ricambio, mentre ne venivano rottamate le carcasse.

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