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Cronaca Sabaudia

Sfruttamento del lavoro nelle campagne: si suicida un bracciante di 25 anni

Il caso a Sabaudia. La storia raccontata dal sociologo Marco Omizzolo in un articolo pubblicato sul Manifesto

E' stato trovato senza vita da alcuni connazionali che vivevano con luil, impiccato a una corda attaccata in cima alle scale dell'appartamento in cui abitava. Si chiamava Joban Singh, era un bracciante indiano di 25 anni, l'ennesimo sfruttato nelle campagne pontine, che non ha retto al peso della solitudine e della fatica. 

A raccontare il caso è Marco Omizzolo, sociologo da sempre impegnato nella lotta contro il caporalato e lo sfruttamento del lavoro agricolo, in un articolo pubblicato sul Manifesto. Omizzolo spiega che il giovane indiano era arrivato in Italia per lavorare dopo aver pagato un biglietto di sola andata ben 8mila euro. Si era poi ritrovato invece a lavorare in alcune aziende agricole del territorio pontino, ricevendo un salario di poche centinaia di euro al mese a fronte di lunghe ore di lavoro senza nessuna tutela. Sperava di essere regolarizzato, ma nessuno dei "padroni" ha accettato e così il peso del rifiuto si è aggiunto a quello delle condizioni di lavoro da schiavo. 

"È accaduto, sabato 6 giugno, ancora una volta a Sabaudia, in pieno Agro Pontino - scrive Omizzolo .- Nel residence Bella Farnia Mare, proprio davanti al luogo in cui la cooperativa In Migrazione organizzò, nel 2015, il primo centro servizi avanzati a tutela dei braccianti indiani". Questo, spiega ancora Omizzolo, è solo l'ultimo caso di suicidio tra i braccianti indiani che si registra sul territorio della provincia di Latina, il 13° nel corso di pochi anni.

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