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Politica Centro / Via Andrea Costa

Abolizione Province, no compatto di maggioranza e opposizione

Approvato all'unanimità durante il Consiglio un documento contro la Riforma delle Province. Cusani: "Provvedimento marcatamente illegittimo e non rispettoso della Costituzione"

Importante Consiglio provinciale questa mattina negli uffici di via Costa che ha visto approvare all’unanimità un documento in materia di Riforma delle Province.

Obiettivo come sempre il provvedimento governativo incluso nel decreto Salva Italia che riguarda il progressivo svuotamento delle amministrazioni provinciali fino alla loro scomparsa, considerato dal presidente della Provincia di Latina Armando Cusani, che quest’oggi ha aperto i lavori in seduta, “marcatamente illegittimo e non rispettoso della nostra Costituzione e con l’abolizione delle Province non ci sarà alcuna riduzione di costi”.

Un’opinione condivisa da tutti i capigruppo che hanno parlato questa mattina in consiglio  - Graziano (Pdl), Eramo (Pd), Guidi (Provincia Futura), Nuglio (PdRC), Cardogna (Lista Cusani), Alla (Udc) – che hanno preso la parola oggi durante l'assise

Il Consiglio provinciale pur comprendendo lo stato di estrema difficoltà dal punto di vista economico e finanziario vissuto dal nostro Paese in questo periodo, sostiene che tutte le istituzioni debbano farsi carico del risanamento. Considerando anche il fatto che, non solo il provvedimento è stato approvato senza la neppur minima presa in considerazione dei diretti interessati, ma che lo stesso avrà conseguenze negative anche per Regioni e Comuni che dovranno farsi carico di tutte quelle questioni che oggi vengono gestite e amministrate dalle Province.

In modo particolare l’Ente di via Costa per ovviare alla cancellazione delle Province chiede al Governo e al Parlamento di approvare una riforma organica delle istituzioni di governo di area vasta che sia basata sulle seguenti priorità:

1. Intervento immediato di razionalizzazione delle Province attraverso la riduzione del numero delle amministrazioni: la razionalizzazione dovrà essere effettuata in ambito regionale, con la previsione di accorpamenti tra Province, mantenendo comunque saldo il principio democratico della rappresentanza dei tenitori, con organi di governo eletti dai cittadini e non nominati dai partiti.
2. Ridefinizione e razionalizzazione delle funzioni delle Province, in modo da lasciare in capo alle Province esclusivamente le funzioni di area vasta.
3. Eliminazione di tutti gli enti intermedi strumentali (agenzie, società, consorzi) che svolgono impropriamente funzioni che possono essere esercitate dalle istituzioni democraticamente elette previste dalla Costituzione.
4. Istituzione delle Città metropolitane come enti per il governo integrato delle aree metropolitane.
5. Riordino delle amministrazioni periferiche dello Stato, legato al riordino delle Province.
6. Destinazione dei risparmi conseguiti con il riordino degli enti di area vasta ad un fondo speciale per il rilancio degli investimenti degli enti locali.

Per questi motivi, perché ci sarebbero meno garanzie democratiche, meno opportunità a chi è più debole, perché diminuirebbe l'identità locale fatta di storia e cultura e perché le Istituzioni si allontanerebbero dai cittadini, il Consiglio provinciale richiede l’intervento:

- dei parlamentari del territorio di farsi promotori in Parlamento di iniziative volte a garantire l'esistenza delle Province intese come strumento di partecipazione democratica dei cittadini nel governo del territorio;

- delle organizzazioni sindacali di mobilitarsi contro l'abolizione o allo svuotamento delle Province, per tutelare le persone che ci lavorano;

- delle forze economico-sociali di mobilitarsi per ristabilire un punto di riferimento istituzionale certo nel territorio, per garantire il rilancio degli investimenti per lo sviluppo locale;

- dei cittadini, degli uomini di cultura, delle associazioni e dei gruppi di volontariato di manifestare il loro attaccamento al territorio, opponendosi all'abolizione o allo svuotamento delle nostre Province, o alla loro trasformazione in enti nominati dai partiti e non eletti direttamente dal popolo.

 

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