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Province, Cusani: “Discussione ferma in Senato? Un sospiro di sollievo”

Ferma la discussione in Senato del decreto sulle province; intervento del presidente Cusani: "Questo momentaneo stop, permette di riordinare le idee su questo pasticcio istituzionale"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di LatinaToday

"Questo momentaneo stop, ci consente di tirare un sospiro di sollievo e provare a riordinare le idee su questo pasticcio istituzionale. E’ inutile continuarlo a negare, da mesi il dibattito politico invoca l'abolizione della Province come un toccasana sia per l'organizzazione dello Stato che per l'economia: vengono fornite cifre sul risparmio che ne conseguirebbe dell'ordine di 15 miliardi di Euro. Lo affermano numerosi esponenti politici, di ambo gli schieramenti, gli organi di stampa ne hanno fatto una battaglia storica: tutto questo è un'ulteriore dimostrazione di quanto purtroppo oggi prevalga lo scoop, la frase ad effetto, rispetto all’analisi seria, alla riflessione, alla paziente ricerca delle soluzioni possibili.

La realtà, infatti, è ben diversa da quanto emerge oggi dalla campagna mediatica e propagandistica sul tema, svolta senza approfondire effettivamente la questione. Negli ultimi anni, secondo i dati raccolti nella Relazione Unificata sull’economia e sulla finanza pubblica del 2008, la spesa è cresciuta:
- del 7% a livello centrale,
- del 5% a livello regionale
- e solo del 3,4% per Comuni e Province, perfettamente in linea con la crescita dell’inflazione.

Ancora, la Corte dei Conti, la Ragioneria dello Stato, l’Istat, nelle loro analisi dei bilanci degli enti locali, ogni hanno confermano la virtuosità delle Province, la buona gestione dei bilanci, il contributo al miglioramento della spesa pubblica. Sul totale di quest’ultima pari, nel 2010, ad oltre 815 miliardi di euro, la spesa delle 107 province italiane ammonta solo all’1,5%. Su tale percentuale, pari complessivamente a circa 12 miliardi di euro, l’indennità degli amministratori (circa 4000) incide per 113 milioni di euro lordi. Costo destinato a diminuire del 20% con l’entrata in vigore del decreto attuativo del DL 78/2010. Tutto il resto è costituito dal costo del personale (2 miliardi e 343 milioni di euro) e dai costi relativi alle funzioni fondamentali delle Province ed essenziali per garantire adeguati servizi alle comunità amministrate:
- dalla mobilità (gestione di 125 mila chilometri di strade ovvero l’84% del totale della rete stradale nazionale)
- alle infrastrutture per la tutela ambientale, dall’edilizia scolastica (manutenzione di 5000 edifici scolastici) allo sviluppo economico e servizi per il mercato del lavoro (gestione di 600 centri per l’impiego),
- dalla promozione della cultura,del turismo e dello sport (gestione di 2660 palestre scolastiche) ai servizi sociali.

È del tutto evidente che cancellare le Province non eliminerebbe queste spese, di cui altri enti dovrebbero farsi carico, ma solo il costo politico degli amministratori provinciali. Costo irrisorio rispetto a quello della politica nazionale di 6 miliardi e 500 milioni di euro.

Certo, non si può rifuggire dalla necessità di riformare e razionalizzare il sistema delle autonomie locali per rendere più efficiente la Pubblica amministrazione. Ciò partendo anche dall’eliminazione delle Province, cresciute considerevolmente negli ultimi tempi, laddove dovessero coincidere con l’istituzione delle Città Metropolitane. Per eliminare davvero un costo vivo della politica, tuttavia, bisognerebbe guardare con lucidità agli oltre 7000 enti strumentali (Consorzi, Aziende, Società) che occupano circa 24 mila persone nei Consigli di Amministrazione e i cui costi (compensi, spese di rappresentanza, funzionamento dei consigli di amministrazione) nel 2010 ammontavano a 2,5 miliardi. Eliminare questi enti consentirebbe un risparmio immediato pari a 22 volte quello che si otterrebbe abolendo le Province. Senza contare poi che 318 mila persone hanno incarichi di consulenza nella Pubblica Amministrazione e per questo lo Stato ha speso nel 2009 circa 3 miliardi di euro. Un riordino meno demagogico sarebbe partito dalla eliminazione di questi enti e società che duplicano e si sovrappongono alle funzioni fondamentali di istituzioni riconosciute dalla Costituzione, come è il caso delle Province, i cui rappresentanti sono eletti direttamente dal popolo.

E’ infatti di tutta evidenza il carattere devastante l'esistenza di una miriade di organismi, agenzie, ATO, consorzi ed enti di secondo grado, proliferati in questi anni al di fuori dei livelli di governo individuati dal titolo V della Costituzione, non allo scopo della gestione associata di servizi, che seppur in alcuni casi risultata virtuosa, ha determinato una disgregazione della governance organica del territorio e delle sue risorse moltiplicando, i posti ed i costi della politica.

E così ci troviamo di fronte a 222 ATO di acque e rifiuti, 191 Consorzi di Bonifica, 63 Bacini Imbriferi, innumerevoli Agenzie, per un totale di 3.127 enti ed una spesa pari a 7.026.105.352 euro, il cui operato è del tutto sottratto al giudizio del cittadino elettore. E' evidente che se si vogliono ridurre i costi della politica, tagliare i rami secchi o i doppioni di Pubbliche Amministrazioni, va prioritariamente razionalizzato il sistema eliminando questa pletora di Enti intermedi. Perché dunque non abolire i vari ATO (rifiuti e acqua), le ATER, i Consorzi di Bonifica che sono più di uno in ogni Provincia, consorzi vari, comunque tutti gli Enti con funzioni locali sovra comunali, presso i quali proliferano presidenti, amministratori, direttori, per assegnare le relative funzioni proprio alle Province. Si semplificherebbero procedure amministrative, si risparmierebbero senz'altro molti più soldi di quelli che si risparmierebbero con l'abolizione delle Province e vi sarebbe un maggiore coordinamento delle diverse attività sovra comunali.

Sul tanto proclamato risparmio derivante dall'abolizione delle Province va semplicemente osservato che un intero Consiglio Provinciale ed un intera Giunta Provinciale “costano meno” dei parlamentari che quella provincia manda a Roma. Sono pur sempre i cittadini che pagano con le tasse i costi anche della loro Provincia, oltre che quelli, ben più pesanti, di uno Stato, ben più lontano: possono quindi meglio giudicare quali siano i livelli di decisione più efficienti, più utili, più efficaci, più economici. Certamente si sono registrate negli anni esagerazioni anche nella creazione di nuove Province: otto le Province in Sardegna che governano lo stesso numero di abitanti amministrati da una sola Provincia del Nord Italia e non è il solo esempio in Italia.

E’ però inaccettabile la generalizzazione ed estendere questo giudizio a tutte le Province, anche quelle che funzionano ed operano efficacemente nella programmazione territoriale di sistema, un superficiale ed affrettato giudizio di inutilità, smentendo il disposto costituzionale che attribuisce a Comuni e Province pari dignità con lo Stato nel governo del proprio territorio. Non si può cambiare la Costituzione ad ogni campagna elettorale, vanificando con continui ripensamenti un percorso su cui l’intero Paese si è indirizzato, facendo delle Province un presidio fondamentale della Repubblica delle Autonomie. Siamo tutti sensibili alla riduzione della spesa pubblica e agli sprechi della politica, per poter ridurre anche la pressione fiscale ma molte Province non sono  un costo inutile, sono spesso il motore dello sviluppo della società. La Provincia nel suo ruolo di governo di area vasta è l’unica istituzione che può individuare in modo strategico gli obiettivi da perseguire per una politica che pensi al futuro, dando una visione di prospettiva degli interessi del territorio a tutti i soggetti che vi operano, pubblici e privati, che possono essere protagonisti nella pianificazione e programmazione strategica delle iniziative per le nuove generazioni: infrastrutture, istruzione, lavoro, formazione professionale, sviluppo delle risorse locali, tutela dell’ambiente e delle originalità locali. Ci si attende allora un esame più serio, meno demagogico e propagandistico. Le riforme annunciate con l'introduzione del federalismo fiscale e la revisione del testo unico sull'ordinamento delle autonomie locali sono la grande occasione per riformare e rendere più efficiente il nostro ordinamento. Da questi appuntamenti si potrà misurare la capacità concreta della nostra classe politica di saper leggere e comprendere le reali esigenze del nostro Paese, la necessità di riforma verso l'efficienza della Pubblica Amministrazione, senza proclami, valorizzando le realtà efficienti, premiando gli Enti virtuosi, riconoscendo i meriti di tanti dipendenti che erogano servizi e lavorano per la collettività".

Così in una nota il presidente della Provincia Armando Cusani

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