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Il caso / Aprilia

Giovane morta di Covid dopo il parto, i familiari di Adriana: “Questo dramma si poteva evitare”

La Procura di Roma ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo sulla vicenda della 28enne di Aprilia respinta da molti ospedali

Adriana Tanoni, la giovane di Aprilia deceduta dopo aver partorito il suo bambino a causa di una polmonite da Covid si sarebbe potuta salvare se fosse stata ricoverata in tempo e curata. Invece ha dovuto aspettare settimane prima di essere accolta all’Umberto I di Roma, tempo durante il quale il suo medico di famiglia e alcune strutture sanitarie hanno sottovalutato la sua situazione. E’ quanto sostiene l’avvocato Sebastiano Russo, il legale al quale i genitori della ragazza hanno affidato l’incarico di presentare una denuncia alla Procura della Repubblica di Roma che ha aperto un fascicolo per omicidio colposo contro ignoti.

Il calvario per un ricovero

Il calvario di Adriana ricostruito nella denuncia è iniziato il 27 dicembre quando la 28enne, con tosse e raffreddore, si sottopone a tampone insieme al compagno e alla figlia di due anni: risultano tutti positivi, così lei avvisa la sua ginecologa – anche lei di Aprilia – che le aveva consigliato di non vaccinarsi e questa la rimanda al medico curante. Come testimoniano i messaggi allegati alla denuncia la dottoressa le dà consigli soltanto via Whatsapp senza mai visitarla e suggerendo il solo uso di tachipirina. La febbre continua ad aumentare e allora Adriana accompagnata dal compagno decide di andare all’ospedale Gemelli dove le comunicano che dovrà attendere a lungo in un tendone esterno prima di essere visitata, così decide di rivolgersi all’Umberto I dove riceve una risposta analoga. Ed è qui che le cose si fanno ancora più complesse. Il giorno dopo, 4 gennaio, la giovane chiama un’ambulanza e si fa portare all’ospedale dei Castelli Romani ma anche qui non la ricoverano perché non hanno posto. I sintomi continuano a peggiorare e i paramedici dell’ambulanza arrivata a casa “la visitano in giardino – si legge nella denuncia  - alle 9 del mattino, misurandole soltanto l’ossigenazione del sangue e senza auscultarla, per poi dirlae che non ci sono le condizioni per il ricovero”.  Il 7 gennaio la situazione precipita definitivamente e Adriana viene trasporta d’urgenza all’ospedale di Latina, dove viene sottoposta a una lastra che conferma la presenza di una polmonite bilaterale interstiziale

Il dramma 

I sanitari, alla luce delle gravi condizioni di salute della donna, dispongono il trasferimento all’Umberto I, dove Adriana arriva in serata e dove viene immediatamente ricoverata e le viene messo il casco per l’ossigeno. Il 13 gennaio, quando le sue condizioni di salute precipitano ulteriormente i medici decidono di far nascere il bambino con parto cesareo per insorte complicazioni: il piccolo viene al mondo ma la mamma non si risveglia dall’anestesia e il 20 gennaio muore. “Ha mendicato per giorni il ricovero – sottolinea l’avvocato Russo – e nessuno ha capito la gravità della situazione. Ora vogliamo la verità perché questa è una morte che si poteva evitare”.

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