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Cronaca

Corruzione in Tribunale, come nasce l’inchiesta che porta all’arresto della giudice Castriota

Dalla denuncia presentata dal rappresentante legale di diverse società sottoposte a sequestro il via alle indagini che delineano un “un chiaro quadro di accordo corruttivo e di vendita della funzione”

“Un chiaro quadro di accordo corruttivo e di vendita della funzione, nel quale i soggetti nominati” dalla gip del Tribunale di Latina Giorgia Castriota “all’interno dell’amministrazione”, vale a dire Silvano Ferraro e Stefania Vitto, “già legati a lei da rapporti personali pregressi, retrocedevano al magistrato, sotto forma di contributo mensile e altre regalie, parte del denaro che" la stessa gip "liquidava loro per l’adempimento degli incarichi”: questo quanto emerge dalle indagini coordinate dalla Procura di Perugia che giovedì 20 aprile hanno portato all’arresto della giudice e dei due professionisti e che viene riportato nell’ordinanza firmata dal gip di Perugia Natalia Giubilei con cui sono state disposte le tre misure cautelari. 

La denuncia che fa partire le indagini 

L’inchiesta nasce dalla denuncia presentata dal rappresentante legale pro tempore di diverse società, tutte riconducibili al medesimo gruppo operante nel settore della logistica, sottoposte a sequestro nell’ambito di un procedimento incardinato per reati tributari presso la Procura di Latina. Fabrizio Coscione, infatti, nell’ambito di un procedimento penale era stato indagato dalla Procura di Latina per reati fiscali e nei suoi confronti il 28 ottobre del 2018 viene emesso dal gip Castriota un decreto di sequestro preventivo per quanto riguarda le quote di varie società, fra cui la società Isp Logistica Srl, seguito il 24 marzo 2021 da un ulteriore decreto di sequestro in estensione del primo, avente a oggetto le quote di altre società, fra cui la Isp Servizi Srl; per la gestione di entrambe la gip ha nominato quale amministratore giudiziario Stefano Evangelista, anche lui indagato. Proprio Evangelista nel dicembre del 2018, come si legge nell’ordinanza, ha detto a Castriota di volersi “avvalere, quale coadiutore, del commercialista Ferraro, che quindi fin da subito è risultato entrare nella gestione delle società”. 

Proprio nei confronti di Evangelista e della gip, Coscione ha presentato una denuncia presso la Procura di Milano, “lamentando la opacità nella gestione da parte dell’amministratore giudiziario, con l’avallo” della stessa giudice, “nonostante le sue opposizioni”; e ha denunciato anche il coadiutore dell’amministratore Ferraro e l’allora rappresentante legale pro tempore delle società subentrato nella carica in sua sostituzione. L’oggetto della denuncia era la stipula di un contratto/accordo, che “non aveva alcun senso dal punto di vista economico anzi, avrebbe finito con il depauperare le società sequestrate, sviandone la clientela”. Ma, viene ricostruito nell’ordinanza, la giudice “autorizzava l’accordo, nonostante l’opposizione del Coscione, e nonostante questo si fosse detto disponibile a versare una cospicua somma di denaro sul conto corrente intestato alla procedura, al fine di rendere il sequestro capiente a sufficienza, così da consentire il dissequestro di alcuni beni”. 

I rapporti personali tra gli indagati

Non solo, ma Coscione a integrazione delle querele aveva fornito anche delle fotografie, raccolte da un investigatore, che ritraevano Giorgia Castriota e Silvano Ferraro in atteggiamenti confidenziali. E, nel corso delle indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Perugia è stato quindi accertato che quella che sembrava essere una frequentazione era invece una relazione sentimentale, che andava avanti da almeno sei anni. Elementi utili per chiarire il quadro delineato nel corso delle indagini sono arrivati dalle intercettazioni “tradizionali”, le quali, si legge ancora nell’ordinanza, “di per sé, sono risultate ampiamente esaustive della dimostrazione della fondatezza della ipotesi accusatoria, non avendo gli indagati avuto alcuna remora a discutere dei propri rapporti personali e, soprattutto, economici, al telefono. A ulteriore riscontro è stata poi acquisita la documentazione bancaria, relativa ai movimenti di denaro”. 

"Castriota-Ferraro un gruppo collaudato per spartirsi i soldi"

“Un disegno criminoso ben delineato"

L’accordo, come riportato sempre nel provvedimento, infatti, era di riversare una parte dei soldi a Castriota che aveva “favorito e avallato” le nomine “in completa violazione di legge e in esecuzione di un disegno criminoso ben delineato”. Nomine che riguardavano oltre il compagno Silvano Ferraro anche l’amica Stefania Vitto. Il conferimento degli incarichi è “avvenuto al di fuori di qualsiasi criterio oggettivo e in spregio al disposto dell’art. 35 co. 4 bis D.Lvo. n. 159/11, il quale stabilisce il divieto di assumere il ruolo di amministratore giudiziario e coadiutore da parte di coloro che hanno con il magistrato che conferisce l’incarico una ‘assidua frequentazione’”, intesa sia come relazione sentimentale che come rapporto di amicizia appunto, come viene spiegato ancora nel provvedimento. E le indagini hanno proprio confermato, come scrive il giudice nell’ordinanza, che Castriota ha nominato o si è comunque accordata per “nominare non solo il compagno Ferraro e l’amica Vitto” ma ha percepito poi direttamente da entrambi “e indirettamente dall’amministratore Evangelista, parte del denaro liquidato da lei stessa all’interno dell’amministrazione, o corrisposto a titolo di compenso dalle società sequestrate”.
 

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