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L'operazione

Smantellati i nuovi gruppi dei Casalesi: fra gli arrestati anche Katia Bidognetti

La figlia del boss si era da tempo stabilita a Formia e già nel 2017 era stata arrestata nell'ambito di un'operazione anti camorra

Quarantacinque indagati e 37 arresti, tra carcere e domiciliari, nell'ambito di un'indagine coordinata dalla Dda di Napoli sulla riorganizzazione del clan dei Casalesi. Un'inchiesta che riaccende un faro sulle fazioni Schiavone e Bidognetti e che ieri, 22 novembre, ha portato agli arresti di Gianluca e delle sorelle Katia e Teresa Bidognetti, tutti figli del boss Francesco Bidognetti, alias “Cicciotto ‘e Mezzanotte”.

Proprio Katia Bidognetti era già stata arrestata in una maxi operazione anti camorra condotta dalla guardia di finanza e scattata a febbraio 2017, che aveva coinvolto anche la provincia di Latina. La donna infatti si era da tempo stabilita a Formia e venne arrestata nella sua abitazione. Nel 2018 Katia Bidognetti era stata condannata a scontare sei anni.

La nuova ondata di arresti ha coinvolto complessivamente, oltre a lei, altre 36 persone. Nell’arco di oltre tre anni di investigazioni i carabinieri del Nucleo Investigatio di Caserta e di Aversa, coadiuvati dal Nic della polizia penitenziaria, hanno accertato l’operatività delle due fazioni documentando una pluralità di reati fine che sarebbe stata posta in essere da soggetti legati l gruppo criminale casalese che, ad oggi, conserverebbe una struttura piramidale ben definita. L’attività ha consentito di accertare, tra l’altro, incontri tra esponenti di vertice delle due fazioni criminali finalizzati a concordare il ripristino di una “cassa comune”, pur mantenendo la loro sostanziale autonomia in termini operativi, economici e territoriali.

Per quanto riguarda il clan Bidognetti è emerso che sarebbe ancora organizzato su vincoli di sangue e guidato dai familiari più stretti dello storico capo Francesco Bidognetti, da tempo detenuto in regime di 41-bis. In particolare, il gruppo sarebbe gestito da uno dei figli, che, sebbene detenuto, avrebbe utilizzato telefoni cellulari illegalmente introdotti nella struttura carceraria impartendo ordini per dirigere la fazione e promuovere le attività illegali eseguite da sodali liberi, arrivando addirittura a pianificare l'omicidio di un noto affiliato per riidimensionare la sua ascesa criminale all’interno del clan. Le due figlie dello storico capoclan, in ragione della loro appartenenza alla famiglia, avrebbero invece continuato a percepire stabilmente somme di denaro provento delle diverse attività delittuose.

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