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Cronaca

Clandestini destinati al circuito dei kebab, coinvolta anche Latina

Ha colpito anche la provincia pontina l'indagine della Digos di Terni volta a sgominare un'organizzazione vicina alla Hezbollah turca, accusata di far entrare clandestini in Italia

Passa anche per Latina l’operazione della Digos della Questura di Terni che, a conclusione di un’attività di indagine durata circa un anno, ha dato esecuzione a nove misure di custodia cautelare disposte dal Gip del tribunale della cittadina umbra.

Le indagini svolte di concerto con il servizio centrale antiterrorismo della polizia di prevenzione, e i successivi arresti, hanno permesso di sgominare una ramificata associazione per delinquere, con base operativa a Terni, e composta da cittadini turchi di etnia curda.

L’organizzazione è accusata di aver favorito l’ingresso in Italia di clandestini curdi da sfruttare nel circuito dei kebab – sono una cinquantina i casi accertati -. Sei dei nove finiti in manette, tutti turchi con precedenti per terrorismo armi, droga e immigrazione e ritenuti al vertice del clan, sono risultati riconducibili alla "Hezbollah turca" organizzazione di credo islamico sunnita.

Secondo gli investigatori tutta la realtà che girava intorno al mondo dei kebab, dalla lavorazione delle carni fino al vendita al minuto, era finalizzata alla raccolta di denaro per sostenere la causa curda in Turchia.

I sei arrestati gestivano la vendita di kebab in diverse regioni e avevano regolarizzato la loro posizione ottenendo in maniera fraudolenta il riconoscimento di rifugiati politici; e proprio attraverso la prospettiva della regolarizzazione mediante l’abuso dell’asilo politico favorivano l’ingresso dei curdi ricorrendo anche a trafficanti di esseri umani (navi e tir), passaporti di servizio, visti di breve durata, sostituzione di persona e matrimoni simulati.

L’organizzazione, che garantiva ai turchi arrivati in Italia vitto, alloggio e lavoro, li avviava poi alle procedure per il riconoscimento dell’asilo predisponendo dichiarazioni tipo da rendere, accompagnate da documentazione contraffatta (tessere di partiti politici, mandati di cattura, certificati medici attestanti esiti inesistenti di ferite da tortura).

L'operazione ha interessato oltre alla Digos di Terni, anche quelle di Latina, Roma, L'Aquila, Modena, Milano, Trieste, Como, Venezia e Viterbo.

Oltre ai sei cittadini turchi è finita in carcere anche una romana di 46 anni ritenuta responsabile di avere consentito fraudolentemente e per fini di lucro il rilascio agli stranieri di abilitazioni per la conduzione di esercizi pubblici; mentre due ucraine sono invece finite ai domiciliari a Terni e Milano per concorso nel favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

Sono state invece indagate a piede libero altre 30 persone per reati che vanno dall'associazione per delinquere, al favoreggiamento dell'immigrazione, al falso documentale. Tra questi diversi artigiani, un avvocato di Terni e un medico di Roma.

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