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Cronaca

La Cassazione annulla la confisca dei beni a Gianluca Tuma, il caso torna alla Corte d’Appello

L’imprenditore era stato coinvolto nell’inchiesta ‘Don’t Touch’: il patrimonio ammonta a tre milioni di euro

La Corte di Cassazione ha annullato il provvedimento di confisca dei beni di Gianluca Tuma, imprenditore coinvolto nell’inchiesta ‘Don’t Touch’. Il decreto in questione riguarda beni per un ammontare complessivo di circa tre milioni di euro intestati anche ad alcuni prestanome. Sarà la Corte d’Appello di Roma a doversi pronunciarsi nuovamente sulla misura di prevenzione secondo i criteri fissati dalla Suprema Corte a detta della quale “il decreto impugnato pecca dell’omissione di una esatta delimitazione temporale della pericolosità sociale del soggetto proposto ai fini dell’applicazione della misura patrimoniale e della mancanza di più specifiche indicazioni quanto all’attualità della pericolosità“. 

“Il decreto impugnato – secondo gli ermellini – pecca dell’omissione di una esatta delimitazione temporale della pericolosità sociale del soggetto proposto ai fini dell’applicazione della misura patrimoniale e della mancanza di più specifiche indicazioni quanto all’attualità della pericolosità. Il proposto  - scrivono i giudici - è stato assolto dall’accusa di partecipazione alla associazione per delinquere capeggiata da Costantino Di Silvio. Secondo la Corte di appello, la motivazione di detta assoluzione evidenzia che vi era stata una carenza di prospettazione accusatoria che in maniera sbrigativa aveva indicato quale prova dell’appartenenza di Tuma all’associazione esclusivamente due specifici episodi, mentre, invece, quelli da segnalare avrebbero potuto essere molti di più. In sintesi, detti episodi non venivano ritenuti indicativi della partecipazione al sodalizio criminale, mentre secondo la Corte in sede di prevenzione dimostrerebbero la sussistenza quanto meno di un concorso esterno ad esso. Il Collegio osserva che quello appena esposto costituisce un caso evidente di indebita rivalutazione di un dato probatorio la cui valenza era stata espressamente esclusa dal giudice della cognizione”.

A questo punto la Corte di Appello dovrà procedere ad una completa riconsiderazione del materiale valutabile ai fini dell’applicazione delle misure con particolare attenzione alla “precisazione del profilo della pericolosità generica in relazione alle specifiche condotte e alla natura dei reati per cui il ricorrente ha riportato condanna”.

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