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Cronaca

Crisi idrica, Guidi (Provincia Futura): “Attuare il referendum”

Il consigliere provinciale interviene sulla difficile situazione del sud pontino, alle prese con difficoltà d'approvvigionamento: “Problemi irrisolvibili se non si torna alla gestione pubblica”

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di LatinaToday

Scarichi inquinanti, depurazione e artificializzazione dei corsi d'acqua: problemi irrisolti.
Massimi consumi in agricoltura: oltre il 50% dei prelievi totali.
Purtroppo la mancata applicazione della tariffazione progressiva contro gli sprechi e il non avvio della Green economy dell'acqua per sviluppo e nuova occupazione sta producendo rischi enormi per le nostre comunità, in particolare la gestione degli ultimi 10 anni.

Latina è la provincia tra le più ricche di risorse idriche: quantitativo enorme di metri cubi per abitante l'anno, pari ad una disponibilità teorica di diversi milioni di metri cubi, distribuiti in tutta la provincia con disponibilità reale massima nell'area del Nord e minima sud. La quota media disponibile in tutte la provincia è comunque di almeno 400 metri cubi per abitante, cioè dieci volte superiore alla quota disponibile nei paesi del sud del Mediterraneo. Nonostante ciò, abbiamo problemi di scarsità idrica nei mesi caldi, al Sud come anche al Nord della Provincia per non parlare dei Comuni montani, il tutto a danno del milione di presenze turistiche in tutta la Provincia.

Il settore agricolo è di gran lunga il principale utilizzatore d'acqua (valore che alcuni ritengono ampiamente sottostimato); seguono il settore civile, l'industria e la produzione di energia. Il prelievo eccessivo provoca problemi di qualità delle acque superficiali e sotterranee, perché questo sfruttamento non permette la circolazione idrica naturale necessaria a mantenere vivo l'ecosistema e a diluire gli inquinanti nei fiumi e nelle falde. Quantità e qualità in questo caso vanno di pari passo e per questo bisogna puntare ad aumentare le portate negli alvei e nelle falde, se vogliamo raggiungere entro il 2015 il "buono stato di qualità" dei corpi idrici, previsto dalla Direttiva quadro (2000/60/CE).
Ma questo obiettivo se non viene ripristinata la volontà del popolo espressa nel referendum di ridare la gestione dell'acqua come bene comune alla parte pubblica, sarà difficile eliminare la crisi idrica nei Comuni del sud Pontino, l'arsenico nei Comuni del Nord della Provincia e la probabile salenizzazione delle falde della costa, senza gli investimenti programmati e quelli riprogrammati. Sicuramente la carenza di denari farà esplodere le tre situazioni in modo deflagrante nell'ambito ottimale, con conseguenze inimmaginabili. Lo sforzo messo in campo per affrontare la crisi idrica attuale è un tentativo maldestro di porre rimedio ad un rimedio, creando una sommatoria di debolezza e non una forza.

Il nodo del prelievo dei Consorzi non si è mai voluto affrontarlo, ma questo prelievo è davvero necessario? Per uso civile utilizziamo 152 metri cubi per abitante l'anno, molto più di Spagna (127 m3), Regno Unito (113 m3) e Germania (62 m3). Il settore agricolo poi, incide tantissimo perché l'irrigazione è in gran parte basata su tecniche vecchie e inefficienti: gli esperti ritengono che un miglioramento delle tecniche irrigue permetterebbe un risparmio dell'ordine del 30%. Ulteriori riduzioni sarebbero possibili scegliendo colture e varietà più resistenti alla siccità e soprattutto combattendo le produzioni eccedentarie e gli sprechi alimentari.

"Il referendum del giugno dell'anno scorso rappresenta un punto di svolta e di non ritorno, senza possibilità di equivoci. La maggioranza degli italiani ha dichiarato che l'acqua è un bene comune e come tale va gestita. Ma se il referendum dà una chiara indicazione sulla direzione da seguire, ancora non ci dice cosa bisogna fare per risanare e qualificare tutto il ciclo dell'acqua. Questo è il problema che la Conferenza dei Sidaci finora non ha affrontato. Non basta preoccuparsi solo del segmento consumi potabili. Più volte abbiamo offerto elementi di riflessione a trecentosessanta gradi che possano far fare dei passi avanti alle politiche di gestione della risorsa idrica, per capire dove sono i punti di maggior sofferenza e rischio del sistema".

Nel nostro territorio provinciale rimangono ancora irrisolti gli annosi problemi relativi agli scarichi inquinanti civili e industriali, ad alcuni depuratori mal funzionanti, all'artificializzazione dei corsi d'acqua. Quante stazioni di monitoraggio sono state installate lungo i corsi d'acqua? Qunati raggiungono o superano il "buono stato" (e si tratta dei tratti pedemontani dei corsi d'acqua).

E questa situazione si verifica non solo nelle aree dove mancano fognature e depuratori ma anche dove la rete è funzionante già da anni. E' evidente la necessità di intervenire nel settore idrico non solo completando l'infrastruttura di base dove ancora manca, ma anche diffondendo approcci e tecniche innovativi: sanitari a basso consumo, sistemi per la raccolta della pioggia e il riuso delle acque grigie. E occorre ripensare la pianificazione territoriale e urbanistica per ridurre l'artificializzazione e l'impermeabilizzazione dei suoli che fanno confluire nelle fogne le acque meteoriche che vanno a sovraccaricare inutilmente i depuratori.

Bisogna poi favorire il riutilizzo delle acque reflue depurate in agricoltura e nei cicli industriali, modificando il decreto del ministero dell'Ambiente che prevede limiti alla carica batterica eccessivamente restrittivi (1000 volte più dell'Oms). Per tutto ciò saranno necessari enormi investimenti e una rimodulazione delle tariffe per coniugare l'efficienza del servizio con la tutela della risorsa. Propongo per questo che la nuova tariffa, applicata in gestione pubblica, garantisca gratuitamente 50 litri d'acqua pro capite al giorno, oltre i quali va definita una tariffazione progressiva che scoraggi i grandi consumi e gli sprechi.

Gli interventi e gli investimenti necessari a migliorare la gestione dell'acqua, dopo lo spreco di questi ultimi 10 anni di gestione mista, nella nostra provincia possa rappresentare oggi e/o domani immediato anche una risposta efficace e duratura alla crisi economica in corso, oltre che alle esigenze di crescita e sviluppo del paese. Gli effetti occupazionali di una politica volta ad accelerare gli investimenti nel settore idrico, con interventi che riguardano sia il settore il Servizio Idrico Integrato che il sostegno all'iniziativa privata, attraverso l'inclusione degli interventi idrici nel "bonus del 55% per le ristrutturazioni edilizie ed altre misure di sostegno. Attraverso investimenti che graverebbero in minima parte (meno del 10%) sul bilancio pubblico (visto che i costi sarebbero coperti dalle tariffe idriche e da investimenti che beneficiano solo in parte di sostegno pubblico), si avrebbe la creazione di diversei unità di lavoro in 10 anni, tra occupazione diretta e indiretta, senza considerare l'occupazione indotta dalla spesa dei redditi da lavoro e capitale generati dalla nuova occupazione.

In conclusione, l'acqua in Provincia di Latina costa troppo e se ne consuma troppa, negli usi civili come in agricoltura o nell'industria. Assicurato l'accesso universale al servizio e la fornitura minima per tutti, il prezzo dell'acqua va fissato tenendo conto che si tratta di un bene scarso, probabilmente destinato a scarseggiare sempre più anche a causa dei cambiamenti climatici, da consumarsi parsimoniosamente, attraverso un sistema tariffario che scoraggi gli sprechi e recuperi risorse per migliorare il servizio.

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