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Sabato, 20 Aprile 2024
Il caso

Detenuto morto in carcere: autopsia ed esami tossicologici per chiarire il decesso del 26enne

Sono state affidate dalla Procura ai carabinieri le indagini sulla morte del giovane di origini romene ma residente a Latina trovato senza vita in una cella del Mammagialla a Viterbo

Potrebbero arrivare dagli esiti dell’autopsia e degli esami tossicologici, oltre che dalle indagini dei carabinieri, le risposte per chiarire le cause che hanno portato al decesso di Dorin Cosmin Tebuie, il giovane di 26 anni di origini romene ma residente a Latina trovato senza vita nella cella del carcere di Viterbo dove era detenuto. 

Nella mattinata di ieri, 29 marzo, come riporta ViterboToday, i due consulenti nominati dalla Procura hanno effettuato gli accertamenti disposti dalla pm Eliana Dolce e per i cui esiti si dovrà attendere 90 giorni. Intanto, nell’ambito dell’inchiesta aperta dalla sostituita procuratrice contro ignoti, proseguono le indagini dei carabinieri che vanno avanti da domenica mattina, quando il giovane è stato trovato senza vita nella sua cella al Mammagialla; i militari del Nucleo Investigativo hanno sentito sia il compagno di cella del 26enne, che gli agenti della polizia penitenziaria e le persone che in quelle ore sono intervenute. 

Al momento l’ipotesi più accreditata resta quella per cui la morte sia avvenuta per cause naturali anche se, come ha sottolinea il suo avvocato Giovanni Codastefano ai colleghi di ViterboToday, Dorin Cosmin Tebuie "aveva solo 26 anni, non soffriva di patologie e le sue condizioni di salute erano buone". Secondo una prima ricostruzione di quanto accaduto nelle ultime ore di vita del ragazzo, intorno all’ora di pranzo del giorno prima del decesso ha parlato al telefono con la madre; in quella circostanza è apparso tranquillo e ha detto di sentirsi bene, poi trascorsa la giornata intorno alle 22.30 è andato a dormire. Fino alla tragica scoperta della mattina di domenica. 

Dorin Cosmin Tebuie era detenuto nel carcere di Viterbo dal 2021; era accusato di rapina e incendio commessi a Borgo Grappa nel luglio dello stesso anno; condannato in primo grado a 5 anni di reclusione, in appello la pena è stata ridotta a quattro. Come riferito dal suo legale, “non era un criminale di spessore e in carcere non ha mai dato problemi. È sempre stato tranquillo, sentiva spesso i genitori e non si è mai lamentato di nulla. Stava facendo di tutto per ottenere il prima possibile gli arresti domiciliari".

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