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Cronaca

Alba Pontina, Lallà Di Silvio in aula: "Non sono un criminale ma uno zingaro sfortunato"

Il capo del clan di Campo Boario per quasi tre ore nega le estorsioni e lo spaccio di droga. "Puglie e Riccardo, bugiardi e malfattori"

Ha parlato per quasi tre ore per difendersi da tutte le accuse. E’ stato Armando Di Silvio il protagonista dell’odierna udienza del processo Alba Pontinache rispondendo prima alle domande del pubblico ministero Claudio De Lazzaro, poi a quelle dei suoi difensori, ha negato di essere coinvolto nelle estorsioni e nel traffico di droga, reati che gli vengono contestati con l’aggravante della modalità mafiosa in concorso con i suoi familiari e altri componenti del gruppo.

“Non sono un criminale – ha sottolineato più volte il capo del clan di Campo Boario – e non ho niente a che fare con la criminalità organizzata. Non sono un narcotrafficante ma uno zingaro sfortunato, un povero straccione”.  Lallà, in videocollegamento da un carcere sardo dove è detenuto, ha raccontato che la sua attività è sempre stata quella della compravendita di bestiame e cavalli e anche di macchine, elemento per giustificare il possesso di alcune Mercedes poi sequestrate. Pesante le parole utilizzate nei confronti di Agostino Riccardo e Renato Pugliese, i due ex componenti del gruppo diventati collaboratori di giustizia. “Venivano a casa mia, erano amici dei miei figli, mangiavano da me e poi mi hanno accusato senza motivo quei due malfattori. Sono due bugiardi, non ho mai spacciato droga se non piccole quantità vendute a amici e non mi sono mai occupato di politica e campagne elettorali”.

Rispetto ad una serie di personaggi con i quali avrebbe intrattenuto rapporti, come emerge da una serie di intercettazioni telefoniche, ha negato di conoscerli: dall’imprenditore Luciano Iannotta ai D’Alterio di Fondi. “Mai avuto rapporti con calabresi e siciliani: a 51 anni non ero tipo da andare in giro a fare estorsioni”. Poi sulla vicenda dell’estorsione al ristoratore Davide Molfetta ha spiegato di avergli dato dei soldi come risarcimento per salvare la posizione dei suoi figli. “A Riccardo ho anche dato due schiaffoni e gli ho detto di lasciare stare la mia famiglia, era pericoloso”.

A conclusione del controesame la difesa, rappresentata dagli avvocati Angelo Palmieri e Luca Giudetti ha chiesto di effettuare in aula un confronto – in videoconferenza – tra Armando Di Silvio, Renato Pugliese e Agostino Riccardo, richiesta sulla quale il Tribunale, presieduto da Gianluca Soana, si è riservato di decidere. Si torna in aula il 24 novembre.

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