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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Processo 'Scheggia': "Cetrone conosceva i metodi dei Di Silvio e li ha sollecitati"

Le motivazioni della sentenza a carico dell'ex consigliera regionale e del marito. Per il Tribunale il racconto dei pentiti è credibile e veritiero

Il racconto dei pentiti è risultato “veritiero e credibile” nel processo a carico di Gina Cetrone, dell’ex marito Umberto Pagliaroli, Gianluca Di Silvio e del padre Armando.

Lo mettono in evidenza i giudici del Tribunale di Latina nelle motivazioni della sentenza con la quale il collegio presieduto da Caterina Chiaravalloti a novembre scorso ha condannato a sei anni e sei mesi di carcere Cetrone e Pagliaroli, otto anni e sei mesi per Gianluca Di Silvio e quattro anni per Armando riconosciuti colpevoli di estorsione (tranne che Armando), atti di illecita concorrenza e violenza privata aggravati dal metodo mafioso.

Nelle 48 pagine depositate nei giorni scorsi i giudici ricostruiscono il processo focalizzando l’attenzione sui rapporti tra l’ex consigliera regionale, il marito e i componenti del clan Di Silvio compreso Agostino Riccardo che da collaboratore dei magistrati della Dda ha fornito gli elementi per portare a termine l’inchiesta ‘Scheggia’. Cetrone e Pagliaroli concorrevano delle condotte materialmente poste in essere da Riccardo nella piena consapevolezza della natura delle stesse anzi sollecitandole” scrivono e parlano di “un accordo preso da Riccardo nell’interesse della Cetrone per l’occupazione degli spazi per le affissioni, accordo esistente già in epoca precedente al 4 giugno 2016”. Vale a dire il periodo delle elezioni amministrative a Terracina rispetto alle quali, anche sulla base delle conversazioni intercettate “emerge il ruolo di Riccardo – spiegano i giudici – quale effettivo dominus della campagna elettorale di Cetrone. Peraltro le conversazioni Facebook confermano i risalenti rapporti tra Riccardo da una parte e la coppia Cetrone-Pagliaroli dall’altra. Il complesso delle comunicazioni esaminate denota un rapporto immune da qualsivoglia subordinazione da parte della donna e connotato dalla condivisione dei programmi politici con grande confidenza”.

Insomma per il Tribunale il rapporto era contraddistinto da “consuetudine prossima alla familiarità”. Riccardo e gli altri esponenti del clan di Campo Boario hanno operato per conto della Cetrone e di Pagliaroli su specifico mandato e soprattutto con modalità tipiche delle organizzazioni mafiose.

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