
Fallimento Circe, sospesi sette professionisti, sequestrati beni per un milione e mezzo di euro
Il provvedimento notificato dalla Guardia di Finanza nell'ambito dell'inchiesta sulla vicenda dell'albergo 'Il Guscio' di Terracina
Sette professionisti pontini - cinque commercialisti, un avvocato ed un consulente del lavoro – tutti indagati per il reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente nell’ambito di procedure fallimentari, trasferimento fraudolento di valori e reimpiego di denaro, beni o altre utilità di provenienza illecita nell’ambito del fallimento Circe sono stati sospesi dall’esercizio della professione per un anno. E’ stata la Guardia di Finanza di Latina a dare esecuzione ad un’ordinanza di applicazione della misura cautelare interdittiva del divieto temporaneo di esercitare la professione nonché ad un decreto di sequestro preventivo del valore di un milione e mezzo di euro su richiesta della Procura della Repubblica di Latina.
Le indagini, coordinate dalla Procura e condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza del capoluogo pontino, traggono origine dalla denuncia presentata da un’imprenditrice successivamente alla dichiarazione di fallimento in proprio e di una società di persone alla stessa riconducibile relativa all’hotel ‘Il Guscio’ di Terracina.
Le attività investigative hanno permesso di accertare numerose anomalie ed evidenti conflitti di interesse fra i professionisti a vario titolo intervenuti nelle fasi della procedura fallimentare nonché nelle altre procedure ad essa collegate. In particolare è emersa l’esistenza di un “accordo illecito”, finalizzato a sottostimare il patrimonio dell’imprenditrice, essenzialmente costituto da un unico immobile - posseduto per il tramite di una società di capitali - adibito ad albergo in Terracina, nei pressi del lungomare, per poi acquistarlo a prezzi notevolmente inferiori a quelli di mercato. Infatti, nella fase iniziale della procedura, l’immobile, valutato oltre 4 milioni di euro, era stato oggetto di pignoramento nel corso della misura esecutiva disposta dal Tribunale per essere poi venduto all’asta, andata, invece, deserta.
Le successive operazioni di liquidazioni ideate dai professionisti si sono sostanziate nella liquidazione delle quote della società di capitali di proprietà della fallita (socia unica) e non più nella vendita diretta dell’immobile. A tal fine è stato artatamente gonfiato il passivo della società per giungere ad un valore del patrimonio netto e, conseguentemente, delle quote, inferiore al reale, producendo così l’effetto di poter acquisire la società e la sua unica attività, ad un prezzo economicamente molto vantaggioso, in danno della curatela e dei creditori.