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Cronaca

Omicidio Moro, Andrea Pradissitto condannato a nove anni di carcere

Il collaboratore di giustizia ha scelto il rito abbreviato. E nel frattempo testimonia nel processo in Corte d'assise: "Fu Grenga a sparare"

Nove anni di carcere. Questa la condanna inflitta dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma a Andrea Pradissitto per l’omicidio di Massimiliano Moro. Il 33enne, diventato nel frattempo collaboratore di giustizia e grazie alle cui dichiarazioni è stato possibile riaprire l’indagine sull’agguato del gennaio 2010 nell’ambito della cosiddetta ‘guerra criminale’ tra clan, ha scelto di essere giudicato con il rito abbreviato e grazie a questa sua posizione ha potuto beneficiare di una serie di sconti di pena oltre a quello previsto per il rito alternativo. In sede di udienza preliminare il pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia Luigia Spinelli aveva chiesto una condanna a sei anni ma il gup l’ha ritenuta eccessivamente lieve e lo ha condannato a 9 anni. Il giovane è stato riconosciuto colpevole di omicidio volontario aggravato dal metodo mafioso anche se gli sono state riconosciute le attenuanti quale collaboratore di giustizia.

Per lo stesso reato è in corso davanti alla Corte di assise di Latina presieduta da Gian Luca Soana il processo a carico di Simone Grenga, Ferdinando Ciarelli detto Macù, Antoniogiorgio Ciarelli e Ferdinando Di Silvio detto Pupetto: proprio nell’udienza di oggi, 17 aprile, in aula è stato ascoltato Pradissitto il quale ha ricostruito la sera dell’agguato quando Moro venne ucciso a colpi di pistola nel suo appartamento di largo Cesti nel quartiere Q5. Collegato dal carcere dove è detenuto ha raccontato di come quella sera, dopo la gambizzazione di Carmine Ciarelli, partì un commando del quale lui stesso faceva parte per vendicare il tentato omicidio del capo clan. Due auto e uno scooterone dove viaggiavano Antongiorgio Ciarelli, Pupetto, Grenga, Macù e lo stesso Pradissitto si erano dati appuntamento sotto casa di Moro e a salire nella sua abitazione furono, ha raccontato, Macù e Grenga, quest’ultimo responsabile di avere sparato e ucciso la vittima. “Tutto a posto” aveva detto uscendo dal portone passando davanti all’auto dove si trovava Pradissitto. Una ulteriore conferma dopo quanto testimoniato nelle scorse udienze da Pugliese ma in questo casa il racconto arriva da chi era presente quella notte.

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