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Cronaca

Omicidio Moro, la svolta nelle indagini dopo le dichiarazioni del nuovo collaboratore Andrea Pradissitto

Il 31enne che aveva fatto parte del gruppo responsabile dell'esecuzione del 25 gennaio 2010 descrive la fase di pianificazione del delitto e i ruoli di tutti i partecipanti

E' con le dichiarazioni di un nuovo collaboratore di giustizia, Andrea Pradissitto, finito agli arresti lo scorso febbraio, che le indagini sull'omicidio di Massimiliano Moro, avvenuto il 25 gennaio del 2010 nel suo appartamento di largo Cesti a Latina, arrivano a una svolta. Il 31enne parla con gli investigatori ad aprile e poi a maggio confermando la volontà di collaborare con la giustizia e fornendo agli investigatori una serie di elementi utili anche a ricostruire le dinamiche criminali dei clan e a completare il quadro del delitto.

E' proprio Pradissitto, 31enne che aveva fatto parte di quel commando di fuoco, ad indicare come ulteriori partecipi dell'omicidio Antoniogiorgio Ciarelli e Ferdinando Di Silvio detto Pupetto, la cui presenza quella sera non era stata mai rivelata. Entrambi sono stati raggiunti ieri da un'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Ricostruendo tutte le fasi della pianificazione dell'omicidio, come risposta immediata e spietata all'agguato consumato quella stessa mattina ai danni Carmine Ciarelli, consente alla Dda di riaprire le indagini e di trovare riscontri e nuove prove sulla presenza di altri due personaggi dei clan. Per i pm in particolare il collaboratore chiarisce come non solo l'omicidio di Moro costituisse la reazione dei Ciarelli-Di Silvio al tentato omicidio di Carmine, ma anche un'occasione fondamentale per riaffermare il potere delle famiglie rom rispetto a gruppi criminali antagonisti non rom.

L'ordinanza del gip riporta alcuni passi delle dichiarazioni raccolte dai pm: "La reazione fu organizzata da Ferdinando Ciarelli detto Macù - dice Pradissitto - che agì d'istinto perché a lui non andava giù che qualcuno avesse sparato a suo padre nel suo territorio. Diceva che dopo 35 anni in cui i Ciarelli avevano dettato legge non era possibile sopportare tale gesto". Il gruppo, nella convinzione che fosse stato Moro a colpire Carmine Ciarelli, decide quindi di agire subito. Quella sera del 25 gennaio, come ricostruito dal collaboratore e accertato dalle attività tecniche della polizia, salirono nell'appartamento di largo Cesti Simone Grenga e Ferdinando Macù, mentre sotto casa di Moro attendevano Pupetto e Antoniogiorgio Ciarelli. 

Pradissitto parla anche delle riunioni in ospedale, tra i Ciarelli e alcuni noti esponenti della famiglia Di Silvio, subito dopo l'agguato della mattina. In ospedale arriva anche lo stesso Moro per una visita di cortesia e probabilmente per allontanare i sospetti su di sè. Ma proprio quella visita convince Macù della responsabilità di Moro, si pianifica dunque l'omicidio e quella stessa sera il commando entra in azione.

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