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Cronaca

Operazione Movida Latina, nelle carte la ricostruzione della guerra criminale del 2010

Dall'omicidio di Ferdinando detto il Bello del 2003 al tentato omicidio di Carmine Ciarelli fino ai delitti di Massimiliano Moro e Fabio Buonamano e agli agguati dei mesi successivi

I dettagli e la ricostruzione della guerra criminale del 2010 nell’ordinanza scaturita dall'inchiesta "Movida Latina", firmata dal gip del tribunale di Roma che ha portato in carcere altre cinque persone, quattro delle quali nell’ambito del clan Di Silvio, per i reati di violenza privata, estorsione e rapina con l’aggravante del metodo mafioso. Di questo parlano i pentiti Renato Pugliese e Agostino Riccardo nel tratteggiare le dinamiche familiari del clan e la figura di Giuseppe Romolo Di Silvio, arrestato e poi condannato proprio per uno degli omicidi consumati a Latina nel 2010, quello di Fabio Buonamano.

Il metodo mafioso del clan

I fatti di sangue della guerra criminale

Una premessa è d’obbligo: Giuseppe detto Romolo è il cugino di primo grado di Armando Lallà, capostipite di quel ramo della famiglia finito agli arresti nell’inchiesta Alba Pontina nel 2018 insieme ai figli. La guerra criminale del 2010 ha segnato la storia recente della città, in un momento in cui c’era il tentativo di soppiantare le famiglie rom Ciarelli e Di Silvio che avevano il controllo delle principali attività criminali del territorio. Il pubblico ministero, nell’informativa di pg, ricostruisce l’antefatto storico specificando che la guerra criminale pontina trae origine dall’omicidio di Ferdinando Di Silvio detto il Bello, avvenuto sul lungomare di Latina il 9 luglio del 2003 con l’esplosione di un ordigno che era stato installato nella sua auto. Sette anni dopo, il 25 gennaio del 2010, si registrava il tentato omicidio di Carmine Ciarelli nel quartiere Pantanaccio. E quella sera stessa, “evidentemente in risposta all’attentato”, avveniva l’omicidio di Massimiliano Moro, colpito da due proiettili nell’appartamento di Largo Cesti, in Q5. La sera successiva moriva invece Fabio Buonamano, persona vicina a Moro, anche lui raggiunto da colpi di arma da fuoco e poi investito. Per quest’ultimo delitto sono in carcere, condannati in via definitiva, Giuseppe Romolo Di Silvio (fratello di Ferdinando il Bello e padre di Antonio Patatino Di Silvio e Ferdinando detto “Prosciutto”) e Costantino Di Silvio detto Patatone (il figlio del “Bello” e padre di Ferdinando Pescio). Dopo quegli omicidi ci furono una serie di agguati che avevano come protagonisti le famiglie Ciarelli e Di Silvio: il tentato omicidio di Fabrizio Marchetto (sotto indagine per la morte di Ferdinando), la gambizzazione di Alessandro Zof, una sparatoria davanti all’abitazione di Alessandro Anzovino, le minacce di morte di Ferdinando Ciarelli (detto Furt) verso i fratelli Angelo e Salvatore Travali.

Nella nuova inchiesta le dichiarazioni dei pentiti

La figura di Giuseppe Romolo Di Silvio

Nelle dichiarazioni rese ai pm Renato Pugliese e Agostino Riccardo descrivono poi la figura di Romolo: “Uno zingaro anziano, era inutili mettercisi contro”, “quando entravi a casa di Romolo ti perquisivano quasi, erano molto attenti a non fare entrare i telefoni”. E inoltre Romolo disponeva di una “Santa Barbara” rifornita e rimpinguata sempre con nuove armi.

Operazione Movida Latina - Il video degli arresti

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