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Cronaca

Operazione Scarface, Giuseppe "Romolo" Di Silvio voleva "tutta la città in mano"

I dettagli dell'inchiesta che ha portato oggi all'arresto di altre 33 persone legate al clan, accusate di estorsioni, associazione mafiosa, spaccio di droga, sequestro di persona

Nuove indagini che hanno ricomposto il quadro di vecchi fatti criminali e che hanno portato alla luce anche episodi inediti. L'operazione Scarface, condotta dalle squadre mobili di Latina e di Roma e dal servizio centrale operativo della polizia di Stato, rappresenta un nuovo scacco al clan rom dei Di Silvio con l'arresto di 33 persone, tra vertici e sodali dell'organizzazione. A vario titolo vengono contestati i reati di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, sequestro di persona, spaccio di droga, furto, detenzione e porto abusivo di armi, tutti aggravati dal metodo mafioso e da finalità di agevolazione mafiosa.

Operazione Scarface: i nomi degli arrestati

L'inchiesta sul gruppo capeggiato da Giuseppe "Romolo"

Al centro dell'inchiesta c'è questa volta il gruppo che fa capo a Giuseppe "Romolo" Di Silvio, già condannato nel 2015 insieme al nipote Costantino "Patatone", per l'omicidio di Fabio Buonamano, avvenuto a gennaio del 2010 in via Monte Lupone, a Latina. Le indagini consentono di ipotizzare che dopo l'omicidio al lido di Latina di Ferdinando Di Silvio detto il Bello, Giuseppe Romolo era diventato il punto di riferimento del gruppo. Intorno al lui si muove dunque un gruppo organizzato di soggetti che si dedicano ad estorsioni e traffico di stupefacenti. Le intercettazioni telefoniche ed ambientali insieme al contributo delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e delle vittime delle estorsioni, hanno consentito di fare luce su alcune spedizioni punitive organizzate nel centro storico di Latina e su una serie di estorsioni ai danni dei gestori dei locali della movida di Latina. Ancora una volta si evidenzia dunque il tentativo da parte della famiglia Di Silvio di assumere il controllo di zona della città. In un'intercettazione Romolo dice al genero che "deve tenere tutta la città in mano", rimarcando dunque il potere dell'organizzazione e l'obiettivo chiaro di conquistare sempre più potere. Proprio al genero occorreva dunque fare riferimento sia per la gestione delle attività criminale sia per la distribuzione dei profitti.

Gli ordini impartiti dal carcere

Le direttive venivano impartite dal Romolo, dal carcere romano di Rebibbia, per mezzo di fidati familiari durante le visite. Sono emerse dunque estorsioni ai cittadini, imprenditori locali e gestori di ristoranti che si sono di volta in volta assoggettati alle richieste del clan senza denunciare. Un clima di omertà e di timore che ha fatto crescere sul territorio la forza della famiglia rom. La modalità è quella ben nota e già emersa nel corso di precedenti indagini: gli indagati consumavano nei locali gratuitamente o fissavano il prezzo della merce, da generi alimentari a capi di abbigliamento, pagando di fatto somme irrisorie che decidevano in modo completamente autonomo. Nei negozi dunque si sentivano i padroni. 

Le estorsioni del clan

Nell'ambito della stessa inchiesta sono emerse inoltre richieste estorsive legate alla vendita di droga ad assuntori abituali e "fidelizzati", in molti casi cessioni di cocaina per indurre nel cliene uno stato di soggezione tanto da accettare pagamenti con interessi usurari. Il clan aveva inoltre commissionato alcuni furti e reati contro il patrimonio, come il colpo risalente al mese di ottobre del 2019 all'interno di una sala slot del centro cittadino, da cui era stato ricavato un bottino di 10mila euro, di cui 4mila in denaro contante. In un'altra occasione il clan aveva rapito uno spacciatore che lavorava per il gruppo, poi diventato collaboratore di giustizia.

Lo spaccio nella zona pub e nei comuni limitrofi

Le indagini hanno permesso di ipotizzare l’esistenza di un’associazione finalizzata al traffico di cocaina, marijuana ed hashish, e l’esistenza di uno stretto e stabile rapporto di collaborazione nello spaccio di droga tra la famiglia di Romolo e quella del fratello. Una delle principali piazze di spaccio gestite dal gruppo è risultata proprio quella del centro storico di Latina con particolare riferimento alla “zona dei pub” lasciata libera dopo l’arresto dei fratelli Travali che ne detenevano prima il controllo, ma anche quella di Piazza del Quadrato. Nel tempo il gruppo aveva anche conquistato piazze dei comuni limitrofi, come Priverno, Sezze e Pontinia, grazie alla capillare attività dei pusher che aiutavano i capi a organizzare il lavoro.

Il prefetto Messina: un'attività che ha disarticolato il clan - Il video

Scarface: il video dell'operazione della polizia

  

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