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Cronaca

Alba Pontina: "Estorsioni, pestaggi e droga, ecco come si muoveva il clan Di Silvio"

Il pentito Agostino Riccardo ancora in aula parla anche della casa di Armando: sistema di telecamere e vedette esterne h24

Estorsioni, gambizzazioni e spaccio di droga. Il pentito Agostino Riccardo ha raccontato nuovamente in aula – collegato in videoconferenza dalla località segreta in cui si trova – come funzionava il clan Di Silvio, le sue attività, le regole del gruppo di Campo Boario. E questa volta lo ha fatto rispondendo per oltre quattro ore alle domande degli avvocati di Armando Lallà Di Silvio,  Sabina e Francesca De Rosa, Angela, Genoveffa e Giulia Di Silvio,  Tiziano Cesari e Federico Arcieri, tutti imputati nel processo ‘Alba Pontina’. 

In un lungo controesame davanti al primo collegio penale del Tribunale presieduto da Gianluca Soana, gli avvocati Oreste Palmieri, Angelo Palmieri e Emanuele Farelli hanno chiesto al collaboratore di giustizia di ricostruire fatti e circostanze oggetto dell’indagine e lui lo ha fatto delineando il ruolo di ciascun componente della famiglia, primo tra tutti Armando Di Silvio.

“Era lui a comandare – ha ribadito Riccardo – e non c’era nulla che facessimo di cui lui non era a conoscenza. E qualsiasi cosa facessi, estorsioni o droga, con me c’era sempre qualcuno della famiglia, uno dei figli”. Nel capitolo dei pestaggi ricostruisce le aggressioni a Vincenzo Palaia e Matteo Ciaravino, il primo per un debito di droga non pagato, la gambizzazione di Alessandro Zof e ricorda come i figli di Armando avessero intenzione di uccidere Luigi Ciarelli. “Le gambizzazioni erano dei figli di Armando, ci pensavano loro, io facevo soltanto le estorsioni”. 

Nel dettaglio alcune hanno avuto come vittime commercianti i cui nomi venivano forniti da commercialisti che dovevano recuperare dei crediti oppure avvocati per conto di clienti che esigevano denaro per finti incidenti stradali. O ancora l’estorsione a Marzullo, titolare di un banco per la vendita del pesce al mercato del martedì, fatta su richiesta dei D’Alterio di Fondi e le minacce durante la campagna elettorale per le amministrative di Terracina nel 2016 per non far coprire i manifesti della candidata Gina Cetrone.

E poi ancora la descrizione, su richiesta della difesa, dell’abitazione di Lallà: dal cancello di ingresso fino all’interno della villetta di via Muzio Scevola a Campo Boario con un sistema di telecamere esterne che coprivano l’intera strada e i fratelli Sicignano a fare da 'vedette' a quell’abitazione “piazza di spaccio h24”. Altri dettagli sulle casseforti nascoste sotto il lavandino della cucina e in camera da letto, particolari conosciuti solo da chi in quella casa trascorreva molto tempo.  

Concluso il controesame l'udienza è stata aggiornata al 23 giugno prossimo quando saranno ascoltati i dirigenti della Squadra Mobile di Latina.

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