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L'UDIENZA

"Non ce la faccio più, mi uccido": lo show di Armando Di Silvio al processo con la Cetrone

Il capo del clan di Campo Boario dice di non conoscere l'imputata ma messaggi, telefonate e pedinamenti dicono il contrario

“Agostino Riccardo è un bugiardo patologico, non è vero nulla di ciò che ha raccontato: non conosco né la Cetrone né Pagliaroli, non mi sono mai interessato di politica e non sono mai andato neppure a votare. Fate uscire la verità perché io non ce la faccio più, sto diventando pazzo, sono stato anche ricoverato in un centro psichiatrico: io mi ammazzo, forse non mi vedrete più, addio”.

Inizia con le spontanee dichiarazioni di Armando Lallà Di Silvio la nuova udienza del processo a carico dello stesso Lallà, dei figli Gianluca e Samuele, di Gina Cetrone e dell’ex marito Umberto Pagliaroli chiamati a rispondere di estorsione, atti di illecita concorrenza, violenza privata, oltre ad una serie di illeciti nell’ambito della campagna elettorale per le amministrative di Terracina del 2016. Il tutto con l’aggravante del metodo mafioso. Il capo del clan di Campo Boario, in video collegamento dal carcere di Cagliari dove è detenuto, per l’ennesima volta ha voluto ribadire la sua innocenza al Tribunale presieduto da Caterina Chiaravalloti che ad un certo punto lo ha però interrotto invitandolo a concludere.  

Poi la parola è passata al dirigente della Squadra mobile di Latina Giuseppe Pontecorvo che rispondendo alle domande del pubblico ministero Luigia Spinelli ha ricostruito proprio i rapporti esistenti tra Armando, i due figli, Agostino Riccardo e Renato Pugliese con l’ex consigliera regionale anche in occasione delle elezioni amministrative del 2016 a Terracina quando era candidata al Consiglio comunale. Citando messaggi in chat su Messenger (che il Tribunale aveva autorizzato ad utilizzare in aula), intercettazioni telefoniche e servizi di osservazione Pontecorvo ha ricostruito lo stretto legame del clan con i coniugi Cetrone e Pagliaroli sia per l’estorsione all’imprenditore di Pescara che per l’attività di attacchinaggio dei manifesti elettorali. Richieste di pagamento per le attività svolte da parte dei componenti del gruppo di Campo Boario, lamentele per la scarsa visibilità del materiale di propaganda da parte della candidata che sollecita nuve affissioni: è tutto nelle telefonate e nei messaggi, numerosi, ad aprile e maggio 2016. Oltre ad una foto che ritrae Samuele Di Silvio e Riccardo vicino all’auto con i manifesti elettorali della candidata. Elementi inequivocabili del rapporto esistente. Poi la parola è passata agli avvocati Stefano Iucci, Domenico Oropallo e Lorenzo Magnarelli che hanno controinterrogato l'investigatore. Si torna in aula il 1 febbraio del prossimo anno.

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