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Cronaca

Processo 'Puro Sangue Ciarelli': "Così mi estorcevano denaro in carcere"

Nel processo a carico del clan parla l'imprenditore Fabrizio Colletti, minacciato mentre era detenuto a via Aspromonte e costretto a pagare 2mila euro

Si è parlato delle estorsioni all’interno del carcere di Latina nell’odierna udienza del processo ‘Puro Sangue Ciarelli’ in corso davanti al Tribunale presieduto da Gian Luca Soana a carico di nove esponenti dell’omonimo clan arrestati a giugno 2022 che hanno scelto il rito ordinario.

Sul banco degli imputati ci sono Manuel Agresti, Ferdinando Ciarelli detto ‘Macu’, Matteo Ciaravino, Carmine Ciarelli detto Porchettone, Antoniogiorgio Ciarelli, Ferdinando Furt Ciarelli, il 23enne Ferdinando Ciarelli, Pasquale Ciarelli e Rosaria Di Silvio, moglie di Furt, accusati a vario titolo di estorsione, truffa, violenza privata, danneggiamento e lesioni, reati aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolazione mafiosa. 

In aula è stato ascoltato in veste di parte offesa Fabrizio Colletti, il professionista un tempo tra i proprietari del Latina calcio e finito in carcere nell’ambito dell’operazione ‘Arpalo’ che aveva coinvolto Pasquale Maietta e altri personaggi legati al sodalizio nerazzurro. I fatti sui quali ha testimoniato si riferiscono al periodo compreso tra aprile 2018 e maggio 2020 quando era detenuto presso la casa circondariale di Latina. Secondo l’accusa Roberto Ciarelli, Matteo Ciaravino e Francesco Iannarilli in concorso con Andrea Pradissitto lo avrebbe minacciato di azioni violente se non avesse pagato 2mila euro, somma necessaria per garantirsi la loro protezione all’interno del carcere. Sarebbe stata la sorella di Colletti a consegnare la somma richiesta alla madre di Pradissitto. Colletti, interrogato dal pubblico ministero della Dda Luigia Spinelli, ha ammesso le minacce e il pagamento ai componenti del clan proseguito anche fuori dal carcere con la consegna di qualche altro centinaio di euro.

Poi è stata la volta di alcuni investigatori della Questura di Latina che hanno spiegato come alcuni esponenti del gruppo criminale utilizzassero anche i social network, Facebook in particolare, e attraverso il profilo "Puro Sangue Ciarelli" estorcessero soldi a imprenditori e commerrcianti del capoluogo pontino. L'attività del clan si espandeva anche ai locali della movida pontina e ad attività balneari di Terracina, dove i rampolli della famiglia, spendendo il nome del clan, pretendevano di consumare gratuitamente cibi e bevande fino ad aggredire gli addetti alla sicurezza dei locali che cercavano di impedirglielo.

Si torna in aula il 27 giugno prossimo per l'audizione di altri testi dell'accusa.

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