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L'operazione Propaggine

'Ndrangheta a Roma, 43 misure cautelari: indagati anche a Latina e Aprilia

Un'indagine della Dda e della Dia di Roma ha consentito di smantellare un gruppo calabrese che aveva creato nella Capitale un gruppo locale che investiva nel commercio e nella ristorazione

Avevano costituito una 'ndrina locale nella Capitale, che investiva in locali, ristoranti e supermercati e riciclava ingenti somme di denaro. E' quanto ha rivelato un'indagine condotta dalla Dda di Roma e dalla Dia, che ieri, con l'operazione "Propaggine", ha portato all'arresto di 43 persone, 38 delle quali finite in carcere e 5 ai domiciliari.

Ai vertici dell'organizzazione sgominata dalle forze dell'ordine c'erano Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro, appartenenti a due famiglie originarie della provincia di reggio Calabria. Il primo aveva compiti di pianificazione delle attività criminali, degli obiettivi da perseguire e delle vittime da colpire. Il secondo aveva un ruolo di direzione del gruppo, punto di riferimento non solo degli affiliati interni ma anche di altre cosche che intendevano fare affari a Roma. Per tutti gli indagati le accuse, a vario titolo, sono di associazione mafiose, detenzione e spaccio di stupefacenti, estorsione aggravata, detenzione illegale di armi da fuoco, fittizia intestazione di beni, truffa ai danni dello Stato, riciclaggio, concorso esterno in associazione mafiosa.

Un arresto è stato ieri anche in provincia di Latina, a carico di Francesco Condina, originario di Palmi e residente nel comune di Aprilia. Mentre un altro pontino indagato è Cosimo Rositano, anche lui calabrese trapiantato nel capoluogo pontino.

Da quanto emerge nelle lunghe pagine di ordinanza, Condina, al quale viene contestato il reato di associazione di stampo mafiosa, era organico al gruppo capeggiato da Antonio Carzo, "a completa disposizione degli interessi del sodalizio" scrive il gip nell'ordinanza, e pronto a collaborare con gli altri affiliati nel portare a compimento i programmi criminosi dell'organizzazione. Al secondo invece vengono contestati reati relativi al possesso illecito e alla vendita di armi al gruppo.

Gli inquirenti capitolin ricostruiscono la genesi del "Locale" di 'ndrangheta a Roma. Ne delineano i contorni, identificano gli attori che hanno esportato anche nella Capitale il modello vincente della criminalità organizzata calabrese. "Noi a Roma siamo una propaggine di là sotto", affermava uno degli indagati nelle intercettazioni. Un chiaro segnale di come le radici ormai interrate nel tessuto della Capitale, si fossero propagate. Non solo. Il boss Alvaro, anche lui intercettato, non usava giri di parole affermando che il gruppo era "una carovana, pronto per fare la guerra". 

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