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Cronaca Monte San Biagio / Via Roma

Ex diacono ucciso a Monte San Biagio, 6 arresti per l’omicidio Barlone

Da questa mattina all'alba i carabinieri stanno dando esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 6 persone ritenute responsabili dell'omicidio. Gli arresti tra Latina, Napoli e Salerno

Sei arresti per l’omicidio di Patrizio Faustino Barlone, l’ex diacono sospeso a divinis ucciso lo scorso 9 febbraio nella sua abitazione di via Roma a Monte San Biagio.

Da questa mattina all’alba i carabinieri del comando provinciale di Latina, supportati da quelli del Reparto Crimini Violenti del Raggruppamento Operativo Speciale Carabinieri e dell’Arma campana, stanno dando esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 6 persone ritenute responsabili dell’omicidio.

Omicidio che, secondo i militari, sarebbe avvenuto a seguito di una rapina all’interno dell’abitazione dell’ex diacono. L'ordinanza è stata emessa dal Gip Nicola Iansiti, su richiesta del sostituto procuratore Maria Eleonora Tortora

GLI ARRESTI - In manette sono finiti Aldo Quadrino, l'unico pontino coinvolto nell’omicidio, un imprenditore 53enne di Fondi, Vincenza e Salvatore Avola, di 36 e 43 anni, Carmine Marasco, 49 anni, tutti e tre di Torre Del Greco, Antonio Imperato, 56 anni, di Ercolano e Salvatore Scarallo, 50 anni, di Napoli.

I FATTI - Il cadavere di Patrizio Barlone era stato rinvenuto nella mattinata del 10 febbraio da un parente all’interno della sua abitazione con le mani e i piedi legati. La sera precedente, la vittima dopo essere stato malmenata, era stata imbavagliata con un maglione e con una sciarpa stretta al collo decedendo poi per asfissia. Un omicidio scaturito da una rapina finita poi nel sangue; tre uomini e una donna avevano fatto irruzione nella sua abitazione con l’intento di portare via denaro e gioielli; qualcosa però è andato storto con i quattro che avrebbero perso il controllo facendosi sfuggire la situazione di mano. Nell'abitazione del finto prete durante il sopralluogo dei carabinieri furono trovati oltre 40mila euro, segno che chi era entrato in azione quella notte non aveva portato via, forse, tutto quello che poteva portare via.

LE INDAGINI - Le indagini dei carabinieri, è stato spiegato questa mattina durante una conferenza stampa, sono state avviate partendo dagli elementi emersi durante i sopralluoghi, condotti anche da parte del Ris, nell’abitazione della vittima e che avevano portato a seguire come pista privilegiata quella della rapina degenerata; pista che era stata avvalorata anche dall’esito dell’autopsia con il medico legale che aveva accertato una morte per soffocamento.

A rendere più complicate le indagini, ha spiegato questa mattina il maggiore Paolo Befera comandante del Nucelo Investigativo di Latina, la convinzione che ad agire fossero state persone non del posto ma che provenivano da fuori; elemento scaturito proprio dalla mancanza di cautela e dalla spregiudicatezza con la quale avevano agito e si erano mossi all’interno del paese.

Nonostante questo, è rimasta comunque sempre forte la convinzione che il gruppo che aveva agito quella sera del 9 febbraio doveva avere un appoggio locale, dal momento che “Don Barlone” - così si faceva chiamare la vittima -, spiega il capitano della compagnia di Terracina Margherita Anzini, “era una persona molto metodica e che non lasciava nulla al caso, la cui giornata era sempre ben scandagliata, con ogni cosa sempre memorizzata e appuntata. Questo ci ha fatto capire - prosegue il capitano - che uno dei responsabili del delitto doveva essere una persona che aveva avuto dei contatti con lui”.

Aldo Quadrino appunto, che con la vittima aveva un debito di circa 25mila euro, da cui i carabinieri sono partiti per poi mettere insieme tutti i pezzi del puzzle che hanno permesso di arrivare agli altri arrestati oggi. Secondo quanto ricostruito dai militari, infatti, sarebbe stato proprio il 53enne di Fondi che, non potendo restituire il denaro avuto in prestito da Barlone in un primo momento si sarebbe rivolto a Scarallo che a sua volta avrebbe contattato gli altri quattro incaricati di penetrare nella sua abitazione per sottrargli denaro e preziosi.

GLI ELEMENTI IMPORTANTI - Elementi fondamentali per la risoluzione del caso sono poi arrivati dall’analisi della grande mole di dati provenienti dal traffico e dalle utenze telefoniche, e dalle immagini delle telecamere di videosorveglianza apposte proprio difronte l’abitazione di “Don Barlone” che hanno inquadrato i quattro che quella sera sono entrati nell’abitazione della vittima per poi uscirne con un borsone all’interno del quale nascondevano la refurtiva.

IL PARTICOLARE DELLE TELECAMERE - Nell’estate scorsa, dopo aver anche scritto al Garante della Privacy, l’ex diacono, fingendosi un prete con tanto di vestito talare, si era presentato ai carabinieri e parlando proprio con il comandante provinciale De Chiara aveva chiesto di far togliere o comunque spostare le telecamere installate proprio difronte alla sua abitazione, dove si trova la caserma dei carabinieri. “Ora quelle stesse telecamere - ha commentato De Chiara - gli hanno reso giustizia perché ci hanno permesso di individuare i responsabili del suo assassinio”.

IL COMANDANTE - “Un caso che aveva destato un grosso allarme nella nostra zona - ha commentato il comandante provinciale Giovanni De Chiara che questa mattina durante la conferenza stampa ha sottolineato l’importanza della sinergia tra i reparti territoriali e speciali dell’Arma in particolare il Ris e il reparto crimini violenti del Ros  con la Procura della Repubblica per la risoluzione del caso.

Alla conferenza, oltre al comandante De Chiara hanno partecipato il capitano Margherita Anzini,, comandante della compagnia di Terracina e il comandante del Nucleo investigativo di Latina, il maggiore Paolo Befera; insieme a loro anche il colonnello Vincenzo Molinese, comandante del Reparto crimini violenti del Ros,e il maggiore Loreto Biscardi comandante della seconda sezione del Reparto crimini.

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