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Cultura

Opera Prima Teatro festeggia 25 anni di spettacolo, laboratori e affetto del pubblico

Un Teatro di comunità: Agnese D’Apuzzo e Zahira Silvestri raccontano 25 anni di gioco e impegno, di persone e legami fortissimi

Festeggia 25 anni di attività Opera Prima Teatro. Una realtà culturale di Latina che nel tempo ha saputo costruire, con sacrificio, amore e un pizzico di follia una comunità di affezionati, appassionati, aspiranti attori, e spettatori sensibili di tutte le età. Una realtà, come viene definita dai suoi fondatori, “femmina” accogliente, inclusiva, avvolgente ed entusiasmante che fa del “gioco del teatro” il suo lietmotiv.
Giocare con onestà intellettuale ma senza mai prendersi sul serio e accogliere tutti coloro che vogliono giocare: questo è il mondo che oggi Agnese D’Apuzzo, Zahira Silvestri e Andrea Grassi portano avanti tra spettacoli, laboratori, incontri, sacrifici e soddisfazioni.

Proprio in occasione di questo importante traguardo, abbiamo incontrato Agnese D’Apuzzo e Zahira Silvestri e con loro abbiamo avuto una lunga e interessante chiacchierata: una passeggiata nel tempo passato e presente, che strizza l’occhio al futuro.
E anche se in questi giorni di lockdown le porte del teatro rimangono ancora chiuse, Opera Prima è sempre attiva e ottimista, pronta a ripartire con tanti nuovi progetti.  

Dal 1994 a oggi Opera Prima ha vissuto tante fasi, come è cambiata? cosa invece è rimasto costante? Raccontateci un po’ la vostra storia.

Agnese D’Apuzzo: Opera Prima è cambiata per quanto riguarda le anime che l’hanno abitata. Perché ovviamente la vita è più forte di qualunque lavoro e di qualunque passione quindi abbiamo iniziato che eravamo un gruppo di 12 persone poi chi si è sposato, chi ha cambiato mestiere, chi ha intrapreso una carriera solista, insomma le strade col tempo si sono divise. Il cambiamento è stato questo. Quelle che non sono cambiate sono le finalità, la volontà di fare un teatro di comunità. Questo è stato il desiderio fondante, degli inizi, di questi quattro “sciamannati” tra i 18 e 35 anni e di chi ci seguiva all’epoca. La prima cosa che abbiamo organizzato è stato un teatro di comunità dove si potesse dare spazio ai bambini, agli adulti, agli anziani; dove si potesse fare teatro non solo come spettacolo da proporre al pubblico, ma poter far fare teatro alle persone. Non fare laboratori teatrali per far sì che queste persone andassero sul palco ma per far sì che conoscessero meglio il teatro, lo amassero e lo rispettassero. Il fatto di andare sul palco è proprio l’ultima tappa, anche noi stessi prima di andare in scena ci abbiamo messo 3 o 4 anni, abbiamo studiato, ci siamo fatti le ossa. Stiamo parlando dei primi anni ’90 quando tutto era più facile, tra gli anni ’90 e i 2000 sembrano essere passati cento anni perché è cambiato tutto. Eravamo un manipolo di ragazzotti e andavamo in tutta Italia a proporre uno spettacolo senza avere conoscenze, si chiedeva semplicemente, si mandava una scheda dello spettacolo e poi si andava in scena, con semplicità, venivamo ascoltati e accolti da tutti senza distinzione politica. Oggi le anime di Opera Prima siamo io, che ci sono dagli inizi, Zahira che è arrivata qualche anno dopo e Andrea Grassi che si è aggiunto da poco.
Zahira ha vissuto sia la prima fase di Opera Prima che la seconda. Noi abbiamo iniziato come compagnia stabile del teatro di Latina, eravamo un gruppo di oltre 30 aspiranti artisti che seguivamo un corso, mentre alcuni di noi sono riusciti a diplomarsi in tempo, con l’avvento di Mani Pulite la cosa è saltata e molti hanno continuato gli studi individualmente, a proprie spese. Una decina di noi decisero continuare a studiare incontrandoci alla Chiesa di San Matteo, guidati da Francesco Marino, che fu fondamentale, e proprio con lui nel 1994 fondammo la compagnia Opera Prima. Ma la compagnia esisteva in embrione già da prima, il primo passo fu in Calabria nel 1984. Opera Prima è stata una rinascita continua, ogni volta che capitava qualcosa o qualche membro se ne andava, trovava il modo di rinascere e proseguire. Abbiamo vissuto molti smembramenti, anche drammatici. Nel 2013 con Andrea per esempio c’è stata una nuova rinascita, quella che potremmo chiamare terza fase. Lui ha portato la competenza tecnica, con suono e luci e ci affianca e sopporta. Ma in realtà ci sono tante persone che ci seguono e ci supportano da sempre. La maggior parte dei soci fondatori, anche se non fanno più parte di Opera Prima, non ci hanno mai abbandonato, continuano a seguirci ad aiutarci. Abbiamo persone che seguono i nostri laboratori da oltre vent’anni.

Zahira Silvestri: io forse sono un po’ la conferma tangibile di quello che sta dicendo Agnese. Sono entrata proprio attraverso un laboratorio teatrale intorno al 1998/99. Ero iscritta all’università Lettere indirizzo spettacolo e sentivo la necessità di capire che cosa accadeva dietro alle quinte, la preparazione dell’attore. Ero proprio alla ricerca di un laboratorio, e ho avuto la fortuna di incontrare proprio per caso questi “sciamannati” di cui parla Agnese. Dopo il primo giorno di laboratorio sono tornata a casa e mi sono detta “non lo so mica se voglio continuare”. Per me era la prima esperienza e non avevo mai fatto formazione teatrale, però intuivo che c’era da fare qualcosa di diverso dal solito, c’era da mettersi in gioco, prima di salire  su palco da attrice, volevo capire cosa “accadeva prima”, capire il processo. E l’ho esperito proprio sulla mia pelle, sul mio corpo. Ho vissuto un periodo non solo di laboratorio, ma in seguito , anche  di fondamentale gavetta e affiancamento, che forse oggi è la cosa che manca di più, camminare insieme, creare qualcosa accanto a un artigiano, che mette a disposizione il suo mestiere, le sue conoscenze. Io ho avuto con loro la possibilità di farlo e per me è stato davvero importante. Nel 2001 ho avuto la possibilità di entrare nella compagnia e da lì è partita la mia avventura in Opera Prima.

Un percorso che dura 25 anni non può che essere ricco di storie, aneddoti, incontri, gioie e dolori. Qual è finora il momento che, ripercorrendo con la memoria il passato, vi emoziona ancora tantissimo? Quello che è rimasto impresso nella vostra mente e nel vostro cuore più di tutti? Quello che più di tutti ha influenzato le vostre scelte professionali?

Zahira Silvestri: per me, anche se può sembrare nostalgico ma in realtà è stato l’inizio di tutto, è stato proprio il primo incontro con loro, il primo impatto, prima che diventassimo “noi”, quando mi sono sentita accolta, mi ricordo perfettamente il momento in cui è avvenuto. Agnese è una socia fondatrice, è stato il mio ponte per arrivare in questa realtà. Grazie a quella esperienza ho capito che lavoro avrei voluto fare, ricordo bene quando ho fatto una scelta ben precisa riguardo la mia vita. Partecipai al laboratorio perché volevo studiare il teatro a partire dal palco, non sapevo cosa avrei fatto nella vita, ma sentivo la necessità di cominciare un percorso concreto.  Grazie alle persone che mi hanno accompagnato nella formazione sia teorica che pratica, ho fatto una scelta. Ed entrambe, punti di partenza di due rinascite di Opera Prima, siamo qui, ora e insieme.

Agnese D’Apuzzo: quando si è giovani si pensa principalmente alla propria carriera, ma una delle cose che in questi anni ho apprezzato di più è che sin dagli inizi, facendo parte di una piccola/media comunità ci è stato insegnato a pensare in gruppo, quasi mai solo a sé stessi. Ma il momento in cui più mi sono resa conto di quanto fatto in questi anni è stato in una situazione drammatica. Negli ultimi anni abbiamo vissuto la perdita di due donne fantastiche, che frequentavano i nostri laboratori e che sono state importantissime per noi, Vittoria e Marinella, nel momento in cui ci siamo riuniti per l’ultimo addio, mi sono accorta di quanto Opera Prima fosse nei cuori delle persone: abbiamo avvisato tutti quelli che hanno mantenuto rapporti con Opera Prima negli anni e tutti si sono stretti attorno a noi per darci conforto. Erano presenti persone che non vedevamo da diversi anni, in un momento di dolore così profondo è stata una gioia immensa averli accanto, e questo ci ha unito ancora di più. Per questo per me e Zahira è difficile parlare di Opera Prima come se avesse una sola anima. Sappiamo benissimo che senza noi tre Opera Prima non si metterebbe in moto, ma il nostro desiderio di giocare al teatro viene dal fatto che abbiamo compagni così preziosi con cui giocare.

Parliamo delle vostre produzioni, il vostro è un teatro d’attore, attento al corpo e al movimento ma che non dimentica mai il testo, il racconto e la costruzione registica dello spettacolo. Diversamente da tante realtà contemporanee, di altissima qualità ma forse un po’ ermetiche per il grande pubblico, sapete emozionare con un gesto, un’espressione ma anche con le parole. Secondo voi in che direzione va il teatro contemporaneo? Come convivono le realtà sperimentali con realtà più comunicative?

Zahira Silvestri: è piacevole sentire questa lettura altra, che riguarda anche il testo e la scrittura. Agnese ed io, anche se proveniamo da un lavoro che parte dal corpo, dalla commedia dell’arte e dall’arte dinamo-plastica sulle quali costruiamo la nostra grammatica teatrale, lavoriamo molto anche sulla scrittura di scena e sul testo. Abbiamo fatto diversi lavori in cui non c’era un testo verbale ma drammaturgico, ma adesso stiamo lavorando molto sulla scrittura e l’autodrammaturgia. Per quanto riguarda la convivenza di queste due realtà, ti rispondo con le parole di alcuni nostri spettatori affezionati “senza farsi troppe domande” può sembrare una risposta un po’ banale, ma in realtà è importante lasciarsi andare e viaggiare nel flusso dello spettacolo. L’attore però deve sempre domandarsi cosa vuole comunicare, al di là del linguaggio utilizzato. Ma se rimane soltanto un’azione performativa, un intento esteticamente performativo, non si va lontano. Deve essere chiaro al performer cosa vuole comunicare, poi si può non arrivare a tutti e conquistare solo una parte del pubblico, ma per prima cosa l’attore o il danzatore devono essere chiari e sinceri con loro stessi.  

Molti dei vostri spettacoli sono dedicati a ricorrenze importanti da un punto di vista storico e sociale, come gli splendidi spettacoli dedicati alla Giornata della Memoria. Può, secondo voi, il teatro risvegliare le coscienze, tenere viva la memoria sugli errori del passato, instillare nelle persone una coscienza civica e sociale?

Agnese D’Apuzzo: il teatro è vita, quindi a seconda di chi lo interpreta lo fa con motivazioni e finalità proprie. Per quanto mi riguarda, io adoro tutti i tipi di teatro quando si legge chiaramente il lavoro che c’è dietro, poi se mi piace o non mi piace un dato spettacolo è solo una questione di gusto, ma non di merito. Nel corso della storia, il teatro è sempre stato politico, nel senso lato dal termine, catartico, o specchio della vita. È un’azione umana che ha a che fare con la parte meno visibile dell’uomo e in questo è il suo grande valore. Poi c’è chi lo declina in maniera estetica, sperimentale o emotiva, ma essendo un atto umano sicuramente lascia un segno, quindi per me quel che ci chiedi sta nel lavoro che ogni teatrante fa sul territorio, sulla piccola comunità. Credo molto nella rinascita delle piccole comunità perché sono loro che faranno in modo che la grande macchina possa andare avanti. Perché la piccola comunità è contagiosissima nei riguardi dell’altra piccola comunità fino a costruire una media e grandissima comunità e allora lì abbiamo un messaggio, che è quello della Vita, della Bellezza, dell’Emozione. Io credo nel teatro della piccola comunità.

Opera Prima è fortemente impegnata nella formazione. Cosa vuol dire per voi insegnare a grandi e piccini? Tenete laboratori anche con i diversamente abili, come i ragazzi dell'A.N.F.F.A.S. (Associazione Nazionale Famiglie di disabili intellettivi e relazionali) di Cisterna o i ragazzi dell’UOS Riabilitazione di Santa Fecitola. Secondo voi in che modo il teatro può essere uno strumento di comprensione della realtà che ci circonda e di sé stessi? In che modo può essere “terapeutico”?

Zahira Silvestri: uno dei capitoli fondanti della nostra attività è la formazione. Teniamo da sempre i laboratori teatrali. Essere formatore ti aiuta molto di più a percepire ciò che hai intorno ed è importantissimo anche per il lavoro dell’attore. Noi crediamo molto nella formazione partendo dall’infanzia, anche in questo periodo di COVID per esempio le scuole ci sono state tanto vicine, sono state uno dei nostri interlocutori nonostante la distanza, è un filo che non si è mai interrotto. Insegnanti e bambini hanno richiesto molto la nostra presenza e per noi è importante perché siamo convinte che il Teatro e la Scuola sono interlocutori imprescindibili. I nostri non sono laboratori finalizzati al saggio, spesso concludiamo i laboratori con una lezione aperta, che alcune volte ,rende molto più comprensibile il percorso seguito e il lavoro svolto. Nel nostro Spazio OperaPrima Teatro teniamo laboratori per i bambini più piccoli dai 3 ai 5 anni, dai 6 ai 10 e per i gruppi delle scuole medie, superiori e il gruppo degli adulti. Con i bambini e ragazzi  lavoro io e Agnese con gli adulti, nel nostro spazio ospitiamo anche altri operatori teatrali con i loro gruppi. La formazione entra nel settore della disabilità con l’A.N.F.F.A.S. Cisterna che Agnese segue da oltre vent’anni e con il Dipartimento di Salute Mentale che seguiamo da sette anni. Quindi, per rispondere alla tua domanda: assolutamente sì! il teatro è apertura, ti aiuta a percepire l’altro e, anche se sembra un paradosso, è proprio nella finzione che il teatro ti permette di percepire un’altra realtà, ti sensibilizza e fa sviluppare le antenne. Ti permette di entrare in un altro ordine di pensieri.

Agnese D’Apuzzo: non solo di pensieri, ma ti fa entrare in un corpo diverso, non per niente si dice “incarnare un personaggio”. Nel corpo c’è la mente, l’emozione, c’è la pancia, non è solo un aspetto mentale e psicologico, ma è mostrare un altro corpo. Magari nel cinema si nota di più perché è tutto più ravvicinato, ma una buona interpretazione è quella che cura la gestualità, lo sguardo e per realizzare questo si passa proprio per una esperienza fisica che poi ti rimane dentro.

Zahira Silvestri: il teatro è trasversale, attraversa tanti aspetti. Non facciamo teatro-terapia, ma lavoriamo con i ragazzi attraverso il Teatro, considerandoli attori, nel settore terapeutico non entriamo. Le esperienze con l’A.N.F.F.A.S. e il DSM ci permettono di vivere e condividere  storie e genetiche diverse, di abbattere delle paure, che potrebbero anche essere naturali, i preconcetti e di lavorare sulla normalizzazione. Il Teatro dunque diviene strumento importante di lavoro  nella riabilitazione dove ci si mette in gioco  e si lavora insieme, con un grande  lavoro di sinergia tra noi e lo straordinario staff sanitario specializzato.

Agnese D’Apuzzo: medici e infermieri sono sempre presenti ai nostri incontri, quindi c’è una preparazione prima, durante e una risposta dopo gli incontri. La dottoressa assiste a tutte le lezioni e spesso ci chiede di tornare su determinati argomenti nella lezione successiva, diventiamo in parte anche degli strumenti di osservazione utili ai medici e anche uno strumento, utile ai ragazzi, di comunicazione con sé stessi, di riappropriazione, attraverso un lavoro lunghissimo, del proprio corpo che non sempre risponde ai loro comandi. Ognuno mantiene però il proprio campo di competenze, noi seguiamo le loro direttive mantenendo il nostro ruolo di attrici e formatrici.

Zahira Silvestri:  con i ragazzi del DSM abbiamo introdotto anche il lavoro sugli strumenti musicali, che non è musico-terapia, perché quello è un altro settore. I ragazzi fanno un lavoro diretto sullo strumento musicale, attraverso drum circle, studio di partiture ritmiche, improvvisazioni guidate.  Lavorano sullo strumento a percussione rispettando il ritmo e il turno, scoprendo progressivamente la possibilità di entrare in un ritmo collettivo con i compagni, senza dover partire da competenze e conoscenze musicali.

Voi avete una particolare attenzione verso i bambini, sia con produzioni dedicate al pubblico più giovane, sia con la stretta collaborazione con le scuole, che con i laboratori come il teatro a percussione e altri che tenete. Si parla sempre di diminuzione del pubblico nei cinema e nei teatri. I bambini, se educati al teatro, potranno essere il pubblico di domani?

Agnese D’Apuzzo: lo sono già! Se ci affidassimo ai bambini, non dovremmo mai avere paura di niente!

Zahira Silvestri: il nostro teatro è abitato costantemente dai bambini, c’è una sezione “Teatro a Merenda” che fa parte della nostra rassegna Emergenze e Dintorni della Scena. È la sezione più frequentata del teatro, un momento dedicato alle famiglie, e la cosa più bella è che dopo gli spettacoli spesso i genitori ci dicono “ci avete fatto tornare bambini per un pomeriggio”. È uno spazio in cui tutti si divertono e si sentono a casa, tanto che ormai ci chiedono di festeggiare i loro compleanni a teatro. I genitori ci chiamano per uno spettacolo dedicato pagando gli ingressi per gli invitati e la cosa sta diventando una tradizione per i più affezionati.

In questi anni avete ospitato nell’accogliente teatro di via dei Cappuccini tantissimi ospiti, musica, danza, tante discipline e un modo di sentire lo spettacolo dal vivo alla stessa maniera: un gioco, una passione, un amore. Quali di questi ospiti vi è rimasto nel cuore?

Agnese D’Apuzzo: per quanto riguarda il teatro, perché abbiamo anche la sezione di danza e musica, li cito in ordine di tempo e non di importanza. C’è Matteo Belli, un attore straordinario umanamente e a livello di formazione e di performance. Nel tempo non ci siamo mai persi di vista, ha stretto amicizia non solo con noi ma con molte delle persone che frequentano Opera Prima. Fabrizio Saccomanno è il secondo e non possiamo non citare Lina Della Rocca con la quale collaboriamo da diversi anni. Siamo molto affezionate a lei, è stata fondamentale nel nostro percorso, perché fa parte di un tipo di teatro al quale siamo profondamente legate anche se non ne facciamo direttamente parte, il terzo teatro. Lei fa parte di un’epoca in cui il lavoro dell’attore era veramente una vocazione, si stava all’interno di comunità e si lavorava all’interno della comunità, c’erano scambi tra gruppi e non c’era la finalità dello spettacolo, si entrava in sala e si studiava. Il palcoscenico era l’ultima tappa, perché rappresentava il momento in cui si condivideva il lavoro che si era portato avanti per tanto tempo. Sentiamo Lina come un anello di congiunzione tra quel periodo e quelle modalità e le nostre di oggi.

Zahira Silvestri: con Lina c’è una collaborazione e condivisione di pubblico, sono ormai quattro anni che ospitiamo i suoi spettacoli qui e noi andiamo a Bologna. Ci ha insegnato a considerare il pubblico come una comunità a cui rivolgerci, non dei “fruitori da banco”, il teatro è un luogo di educazione all’arte e al bello. Anche a livello musicale abbiamo avuto tanti begli incontri. Ci siamo indirizzate verso il filone di cultura popolare colta, abbiamo avuto la gioia e la possibilità di conoscere molti artisti, anche locali, del jazz, e ospitare grandi performance. Continuando in questa direzione abbiamo ospitato gruppi che venivano dal Marocco, gruppi che facevano musica balcana, kletzmer, e ovviamente anche musica tradizionale italiana con Lavinia Mancusi, Gabriele Gagliarini e il progetto Semilla, Gabriella Aiello con la quale forse siamo legate di più, artista dal cuore grande. Questi artisti hanno riconosciuto nel nostro pubblico, un pubblico vero che sente col cuore e la pancia dove tornare, non solo con gli spettacoli ma spesso anche con laboratori e seminari. Per quanto riguarda la danza ci sono gli amici di Tendance, ai quali siamo affezionati, anche loro hanno tenuto seminari prima e dopo le esibizioni e hanno portato a Latina qualcosa di veramente nuovo e rivoluzionario.

Venticinque anni di attività, di continui progetti e collaborazioni portati avanti con professionalità e cuore, che proseguono nonostante ogni difficoltà. Una vicinanza al pubblico che continua anche in questi giorni di chiusura dei teatri con l’apertura di un canale Youtube dedicato ai bambini e attraverso la comunicazione continua sulla pagina facebook di Opera Prima Teatro.

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