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Fecondazione assistita, nel Lazio sale il limite d'età

La novità è prevista in un emendamento al collegato di bilancio

È salito a quota 46 anni il limite d’età per l’accesso alla procreazione medicalmente assistita, con donazione di gameti femminili, nella regione Lazio. Lo ha stabilito un emendamento al collegato di bilancio, approvato nel cuore della notte dal consiglio regionale. Dopo la presentazione in aula del collegato, che inizialmente contava 64 articoli, nella giornata di ieri era stato presentato un maxiemendamento, interamente sostitutivo del collegato, e un successivo maxisubemendanento. Tra i temi inseriti c’è stato, appunto, quello riguardante la procreazione assistita.

La norma approvata

La norma approvata dal consiglio regionale, uniformandosi all’orientamento espresso dalla conferenza delle regioni già nel settembre 2014, adegua criteri e modalità per l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita a carico del sistema sanitario regionale, innalzando da 43 a 46 anni il limite di età per l’accesso alla fecondazione assistita eterologa da donazione dei gameti femminili e fissando a 43 anni l’età massima per la donna nell’accesso alla fecondazione assistita omologa e alla fecondazione assistita eterologa da donazione dei gameti maschili. In Italia, secondo gli ultimi dati del ministero della salute, sono 14 mila 162 i bambini e le bambine nati nel 2019 grazie alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, con mamme la cui età continua a crescere. Un numero di nascite che sarebbe potuto essere maggiore se, come spiegato da Dossier, non fosse così difficile accedere a queste tecniche.

“Da questa notte nel Lazio – grazie a un mio emendamento – abbiamo innalzato l’età massima per le donne nell’accesso alla procreazione medicalmente assistita nelle strutture pubbliche – dichiara, in una nota, Eleonora Mattia, presidente IX commissione lavoro, formazione, politiche giovanili, pari opportunità, istruzione, diritto allo studio del consiglio regionale del Lazio - una norma che non solo adegua la normativa regionale agli indirizzi nazionali e alle indicazioni dei nuovi Lea in materia, ma soprattutto tutela i diritti delle donne e del loro desiderio di maternità, tenendo conto dei tempi di vita che cambiano e portano sempre più a procrastinare la scelta di fare un figlio, talvolta fin quando si rivela biologicamente tardi”. Una situazione facilmente riscontrabile dati relativi alla natalità nel Lazio, con appena 40mila bambini nati nel 2022.

La Mattia ha sottolineato come si sia “voluto con coraggio prendere parola sul tema a tutela del principio di uguaglianza nell’accesso alle cure e di rimozione degli ostacoli alla piena realizzazione della persona, mettendo un freno agli inaccettabili “viaggi” fuori Regione o semplicemente verso le strutture private, nel segno del rispetto della consapevolezza e della libera scelte delle donne e delle famiglie.

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