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Nelle acque laziali sono centinaia le infrazioni causate dai pescatori di frodo

La sezione del dossier Mare Monstrum di Legambiente certifica come il mare laziale sia tra i più soggetti alla pesca di frodo, con conseguenze letali per economia, biodiversità e anche salute dell'uomo.

Dal mare viene uno dei mercati più floridi per la criminalità organizzata. È la pesca di frodo che anche nel 2012 ha avuto un importante aumento della “produzione”. In questa poco gratificante classifica il Lazio si piazza al quinto posto subito dopo le quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa: Sicilia, Puglia, Campania e Calabria. Nelle acque laziali le infrazioni accertate sono 544, che ha portato a 559 il totale tra denunce e arresti con 23 sequestri effettuati. 

I numeri che emergono dal dossier “Mare Monstrum 2013”, stilato da Legambiente, sono molto chiari e certificano come il nostro mare è letteralmente preso d’assalto dall’attività di gruppi criminali. Ovunque nelle acque territoriali si registrano casi di pesca senza rispetto di nessuna legge e senza alcuno scrupolo nel riguardo di fauna e flora marina. Sono svariati i danni che questi comportamenti fanno registrare, danni che sono economici, ma anche di tutela delle biodiversità e perfino di pericolosità per la salute dei consumatori.

Dal punto di vista economico è fin troppo palese che un settore come quello ittico, che in Italia solamente dal prodotto pescato genera circa 2 miliardi di euro, possa essere oggetto di attività criminali. Gli accertamenti portati avanti sulla pesca di frodo dimostrano come siano le regioni a tradizionale presenza mafiosa quelle in cui si sono registrate le maggiori infrazioni. Il problema ovviamente non è solo italiano, basti pensare che nel mondo si aggira attorno i 4 miliardi di dollari il valore di mercato, che la pesca di frodo sottrae a quella legale. Queste attività sono foraggiate, anche indirettamente, dalla crescita della domanda di pesce crudo nel mercato occidentale, dove ad esempio sushi e sashimi sono tra i prodotti più richiesti.

Oltre al danno economico importantissimi sono i danni che vengono inferti alla biodiversità marina. Non sono rari i casi in cui questi pescatori, o meglio “pirati”, rastrellano i fondali con le famigerate spadare, reti vietate dall’Unione Europea fin dal 2002 e che catturano praticamente ogni essere marino dai pesci ai delfini, dalle tartarughe ai capidogli.

In ultimo, ma non per importanza, vi sono i pericoli per la stessa salute dell’uomo. In parecchi casi i prodotti della pesca di frodo, anche non freschissimi, finiscono sui banchi delle pescherie locali a prezzi stracciatissimi. In un periodo di crisi economica come quello attuale, in cui il consumatore è incentivato al massimo risparmio possibile, spesso la qualità dei prodotti acquistati risulta assolutamente scadente a tutto discapito della salute. Si registrano quotidianamente casi di avvelenamento dovuto a pesce andato a male e comunque venduto come fresco. In larghissima parte questo pesce viene direttamente da pescherecci di frodo.

Vigilare non basta, fondamentale diventa l’educazione dei cittadini a segnalare questi casi, ed evitare assolutamente di comprare da questi veri “terroristi dei mari”.

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