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Daniele Nardi: a un anno dalla scomparsa la moglie racconta l'impresa sul Nanga Parbat

"Atlantide - Storie di uomini e di mondi", andata in onda il 19 febbraio su La7 ha ripercorso le tappe del sogno dell'alpinista di Sezze e della scalata invernale lungo lo sperone Mummery. Il 23 febbraio il ricordo sulla Semprevisa

Una montagna che non perdona, una "montagna assassina", ma per ogni "scalatore che mangia" c'è sempre una storia da raccontare. E così la trasmissione "Atlantide - Storie di uomini e di mondi", su La7, ha raccontato ieri sera la storia di Daniele Nardi, l'alpinista di Sezze scomparso sul Nanga Parbat a febbraio del 2019 insieme al suo compagno di spedizione Tom Ballard. Con i suoi 8.126 metri il Nanga Parbat è il sogno proibito di ogni scalatore, più dell'Everest e del K2, una vetta mai conquistata lungo lo sperone Mummery. Daniele Nardi e Tom Ballard inseguivano quel sogno e lì resteranno forse per sempre intrappolati nel ghiaccio. 

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La moglie, Daniela Morazzano, accetta per la prima volta di parlare e raccontare quella impresa, il sogno che Daniele non aveva mai abbandonato. Decide di tentare la scalata invernale del Nanga Parbat a 42 anni, aveva chiesto a molti alpinisti di seguirlo ma aveva ricevuto sempre come risposta l'avvertimento di non farlo. Solo Tom Ballard, figlio di una scalatrice, aveva accettato. Daniele lascia quindi Latina il 18 dicembre del 2018 e trascorre una lunga attesa al campo base per attendere il momento migliore per cominciare la scalata. Intanto, tiene un diario filmato e racconta anche attraverso Facebook quello che succede mentre si attende tanto tempo fermi. Il 22 febbraio si apre quella finestra di tempo favorevole e Daniele e Tom cominciano la scalata fino a 6mila metri. Il giorno prima che venissero persi i contatti, chiama la moglie, ride, scherza. Poi, dalla sera del 24 febbraio, il suo telefono satellitare non comunica più. Passano ore e poi gorni di silenzio e comincia a crescere la paura. C'è ancora la speranza di salvarli ma cominciano anche le critiche verso quella che viene definita una "impresa suicida". La moglie Daniela ricorda in trasmissione anche cosa è capitato con la macchina dei soccorsi: "C'era stato un problema tra India e Pakistan e gli aerei non potevano alzarsi in volo". Poi si emoziona ricordando la sua scelta più dura: "Sono iniziati ad arrivare messaggi e chiamate da tutti, volevano aiutare, io all'inizio ho detto di no poi quando ho realizzato che Danele non era solo mio marito ma anche un fratello, un amico, un conoscente, un ispiratore, allora ho accettato di farlo fare". Il 5 marzo vengono individuati i due corpi. "Sono stata io a dire di lasciarlo lì. Non voglio che ci sia rischio per nessun altro, un conto è provare a salvarli, ma per un corpo dico no".  Un racconto commovente quello di Daniela, che ripercorre anche ogni passaggio della preparazione della spedizione, la responsabilità, il rischio e la nascita del figlio avvenuta solo pochi mesi prima. "Per lui  - racconta la moglie - la montagna era emozione pura. Quando entrava in quell'ambiente si sentiva a casa. Non era ossessionato dalla vetta, ma dall'esperienze che gli dava". 

Intanto, domenica 23 febbraio la famiglia di Daniele e i suoi amici, spontaneamente e senza alcuna forma organizzativa, hanno deciso di incontrarsi in vetta al monte Semprevisa per salutare Daniele e stringersi in un abbraccio collettivo. Non è prevista alcuna manifestazione, ma sarà un’occasione per stare insieme ricordando Daniele nel primo anniversario della sua morte

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