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Sfida al Nanga Parbat, Nardi: “La vetta era vicinissima ma abbiamo scelto la vita”

L'alpinista pontina ha raccontato la sua terza spedizione sull'ottomila mai violato in inverno, detto anche "killer mountain", insieme ai compagni Alex Txikon Ali Sadpara: "Ad un passo dalla vetta abbiamo scelto la vita"

E’ stato davvero ad un passo dall’arrivare proprio lì dove nessuno prima di lui era arrivato: rientrato in Italia Daniele Nardi durante una conferenza stampa ha voluto raccontare il suo terzo tentativo di scalata in inverno della Regina delle Montagne, il Nanga Parbat.

Ad un soffio dal mito ma già dentro la storia dell’alpinismo mondiale”: così si può sintetizzare la spedizione che ha visto protagonisti l’alpinista di Sezze insieme ad Alex Txikon  e Ali Sadpara che hanno toccato i 7830m sul Nanga Parbat.

“Anni fa scelsi di fare l’alpinista, feci una scelta verso la vita. Per me scalare le montagne vuol dire conoscermi e conoscere la vita - ha raccontato Nardi -. La responsabilità nei confronti di Ali ha superato di gran lunga qualsiasi cieco desiderio di vetta. E’ per questo che siamo scesi. Fossimo stati anche ad un solo passo dalla vetta la vita è sempre più importante di qualsiasi altra cosa”.

Ricordiamo che il Nanga Parbat, soprannominata anche “killer mountain" (la montagna assassina) è il secondo ottomila (dopo l'Annapurna) per indice di mortalità, ovvero rapporto tra vittime ed ascensioni tentate, con un valore che si aggira intorno al 28%.

”Il gruppo costituitosi per caso, ha lavorato insieme ed unito  in maniera incredibile e coraggiosa. Nessuno di noi ha avuto il dubbio sul fatto che in vetta “o tutti o nessuno”. Un concetto che è sempre più difficile trovare ma, alla nostra squadra, è venuto spontaneo. Il senso di responsabilità ha prevalso su ogni altra cosa. Non era pensabile lasciare Ali da solo nella discesa con le difficoltà che aveva in quel momento”.

Io sono strafelice del risultato ottenuto - ha poi proseguito l’alpinista pontino -. Il dolore per aver mancato la vetta passerà presto per lasciar spazio ad altri progetti. Mi piace pensare a quello che abbiamo fatto e non a quello che è mancato. Abbiamo la vita salva. Alì è in fase di recupero: il principio di edema è risolto ed il congelamento riportato fino alla seconda falange dell’alluce non è grave; ad Alex si è riacceso un vecchio congelamento ma niente di serio; io ho perso molto peso che conto di recuperare velocemente. Questo per me è un grandissimo successo, un’esperienza densa e piena di avvenimenti”.

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Poi il racconto della spedizione. “Abbiamo lottato nel tentativo alla vetta: 10 ore per arrivare a campo1 tracciando nella neve alta; seconda giornata dedicata a batter la traccia verso campo 2 (il rischio di valanghe era molto alto a causa delle copiose nevicate); terza giornata altre 10 ore per arrivare a C2; quarto giorno arriviamo a C3 sempre accompagnati dal forte vento che durante le notti non ci ha lasciati dormire. Finalmente il quinto giorno arriva il bel tempo che ci permette di  arrivare a campo 4. Il sesto giorno dopo aver scalato per circa 5 ore al buio, il dubbio di non esser sulla strada giusta è scoraggiante (in realtà, verificando le foto del percorso fatto, non eravamo così fuori strada)e  il principio di edema che ha colpito Ali  fa sfumare il nostro sogno di raggiungere la vetta. Abbiamo cercato di dare  il massimo e questa è la soddisfazione più bella”.

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