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Cronaca Aprilia

Sequestro per lavori non pagati, imprenditore condannato a cinque anni

La Corte di assise ha escluso l'aggravante del metodo mafioso per Tommaso Anzaloni di Aprilia e derubricato il reato in estorsione

E' stato riconosciuto colpevole di di estorsione e condannato a cinque anni e un mese di reclusione oltre all'interdizione perpetua dai pubblici uffici Tommaso Anzaloni che, secondo l’accusa rappresentata oggi in aula dal pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia Luigia Spinelli, il 9 maggio 2022 avrebbe sequestrato ad Aprilia e tenuto in ostaggio per oltre cinque ore l’imprenditore Marcello Nuti, deceduto successivamente, picchiandolo e inviando messaggi ai responsabili della sua azienda per chiedere denaro in cambio del suo rilascio. All’origine del gesto, secondo gli investigatori, il mancato pagamento da parte della vittima di alcuni lavori di ristrutturazione di un villino ad Anzio affidati all’imputato, titolare di una ditta edile.

Oggi l'ultima udienza davanti alla Corte di assise di Latina davanti alla quale si è celebrato il processo essendo l'imputato inialmente chiamato a rispondere di di sequestro di persona e estorsione aggravata dal metodo mafioso. Essendo però deceduta la vittima è caduta l'accusa di sequestro di persona - reato procedibile soltanto a querela della parte offesa - e lo stesso pubblico ministero a conclusione della sua requisitoria ha chiesto una condanna a cinque anni di carcere. La difesa, rappresentata dagli avvocati Luca Scipione e Stefano Alberti, ha invece chiesto l'assoluzione e in subordine la derubricazione del reato di estorsione in esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

Dopo circa due ore di camera di consiglio la Corte presieduta da Gian Luca Soana ha condannato Anzaloni a cinque anni e un mese di reclusione riconosendolo colpevole di estorsione senza però l'aggravante della modalità mafiosa.

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