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Cronaca

Omicidio Moro, la Dda chiede due ergastoli e due condanne a 30 anni di carcere

Lunga requisitoria dell'accusa nel processo a carico di Simone Grenga, Ferdinando Ciarelli detto Macù Antoniogiorgio Ciarelli e Ferdinando Pupetto Di Silvio

La Direzione distrettuale antimafia di Roma ha chiesto due condanne all'ergastolo e due condanne a 30 anni di carcere per i quattro imputati nel processo per l'omicidio di Massimiliano Moro nella penultima udienza davanti alla Corte di assise di Latina presieduta da Gian Luca Soana.

La richiesta è arrivata a conclusione di una lunga requisitoria durata circa cinque ore durante la quale i pubblici ministeri Luigia Spinelli e Francesco Gualtieri hanno ricostruito nel dettaglio i retroscena e l'esecuzione dell'omicidio del 25 gennaio 2010 quando la vittima venne freddata a colpi di pistola nel suo appartamento nel quartiere Q5 a Latina. Una vera e propria esecuzione nei giorni della "guerra criminale" per la quale l'accusa ha chiesto che vengano condannati al carcere a vita Simone Grenga quale esecutore materiale, Ferdinando Ciarelli detto Macù quale organizzatore dell'agguato, senza concessione di alcuna attenuante. Per Antoniogiorgio Ciarelli e Ferdinando Di Silvio detto Pupetto chiesti invece 30 anni di carcere con le concessione delle attenuanti generiche. Gli imputati sono chiamati a rispondere di omicidio premeditato aggravato dai motivi abietti con l'aggravante di avere agito con metodo mafioso.

I pubblici ministeri, che si sono alternati nella requisitoria, hanno ricostruito il contesto nel quale avvenne l'omicidio, conseguenza diretta della gambizzazione di Carmine Ciarelli, ferito il 25 gennaio da sette colpi di pistola in pieno giorno nel bar del Pantanaccio dove faceva colazione ogni mattina. Una vera e propria sfida in seguito alla quale i Ciarelli e i Di Silvio strinsero un'allenza per lanciare un messaggio e riaffermare il proprio domicio criminale nel capoluogo pontino. Così a distanza di poche ore, la sera dello stesso giorno, Massimiliano Moro, che voleva guadagnare spazi in alcune attivita illecite, venne fatto fuori. Conosceva i suoi assassini perchè ha aperto loro la porta di casa, e la sera successiva gli stessi clan eliminarono anche Fabio Buonamano, ucciso in via di Monte Lupone a colpi di pistola.

"Le dichiarazioni rese da Andrea Pradissitto, componente della famiglia Ciarelli e poi diventato collaboratore di giustizia - hanno sottolineato i pm - sono assolutamente credibili. E la tempistica della reazione al tentato omicidio del capo clan è stata fondamentale per lanciare all'esterno un messaggio chiaro: i Ciarelli non si toccano". La Dda ha anche chiesto alla Corte di trasmettere alla Procura della Repubblica gli atti del processo affinchè proceda nei confronti di Giuseppe Pasquale Di Silvio, Costantino Cha Cha Di Silvio e Angelo Travali per falsa testimonianza per le dichiarazione rese. La parola è poi passata al collegio difensivo composto dagli avvocati Alessandro Farau, Marco Nardecchia, Emilio Siviero e Italo Montini.

Si torna in aula il 25 marzo per concludere gli interventi della difesa, poi la corte entrerà in camera di consiglio per la sentenza.

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