Le morti degli "invisibili" nelle campagne: l'allarme in provincia
L'intervento della Flai Cgil: "A tutto questo si aggiunge chi viene preso a sprangate dal caporale o dal padrone. Non basta più una task force"
Nella giornata di ieri, 6 ottobre, un giovane è stato ritrovato senza vita all'interno del deposito di un'azienda agricola di Monte San Biagio. "Un altro morto nei campi - commenta Stefano Morea, segretario generale della Flai Cgil di Latina e Frosinone - un altro numero che va ad ingrossare le fila di chi perde la vita lavorando, un altro invisibile di cui domani nessuno conoscerà il nome, la storia, i sogni. Tutto questo dovrebbe solo farci vergognare e inchiodarci slle nostre responsabilità di istituzioni, enti e singoli cittadini". Solo pochi giorni prima in un'azienda agricola del territorio pontino, a Sabaudia, un bracciante di 24 anni si è tolto la vita impiccandosi a un albero.
"Che siano definite cause naturali, incidenti sul lavoro o suicidi - continua il segretario della Flai Cgil - quello che accomuna tutti è che restano impuniti i veri responsabili. L'agricoltura pontina cerca di scrollarsi di dosso la coperta pesante del caporalato, dello sfruttamento e della schiavitù nei casi più estremi, si corre ai ripari perché nel frattempo in giro per l'Europa c'è chi inizia a farsi domande sulla salubrità dei prodotti agricoli e le condizioni di lavoro di chi quel prodotto lo raccoglie nei campi. Vittima di tutto questo è anche l’imprenditoria sana. Mentre si accalcano seminari e convegni organizzati da chi ha oggi il potere di decidere dove, quando e come fare ispezioni, mentre centinaia di migliaia di persone sono in attesa di risposte dalle questure e costrette quindi dallo Stato a vivere in condizioni di fragilità, mentre tutto scorre domenica un lavoratore si è impiccato a un albero e poi un altro viene ritrovato cadavere. Come se non bastasse a questo si aggiunge chi viene preso a sprangate dal caporale nonché padrone, chi viene investito in bici con gli abiti sporchi di terra e nessuno si accorge all'ospedale che forse quello non è un semplice incidente ma un infortunio sul lavoro, chi viene costretto a lavorare malato di Covid e cacciato dall'azienda per aver presentato un certificato di malattia".
Per la Flai Cgil di fronte a queste condizioni e a questa realtà "non basta più una task force, non basta più una sezione territoriale della Rete del Lavoro Agricolo di Qualità". "Tutti questi lavoratori - aggiunge ancora Stefano Morea - meritano di più, meritano che le Istituzioni vadano a trovarli all'obitorio e guardino in faccia i loro familiari perché si meritano di avere Giustizia. Non è più un appello quello della Flai, è un grido di allarme che questa volta verrà rivolto ai livelli più alti, per chiedere risposte concrete e non solo giri di parole. Le questure devono attivarsi per rilasciare i permessi di soggiorno delle emersioni in sospeso e incentivare e facilitare percorsi di legalità. L' Inps non può aggiungersi alla lista dei creditori di un poveraccio che non sa come arrivare a fine mese. Occorre garantire una presa in carico seria dal momento stesso in cui parte una denuncia di sfruttamento o caporalato, e non può essere tollerabile che di fronte a delle segnalazioni non ci siano risposte. Adesso non c'è neanche più la scusa delle esigue risorse, considerate le ingenti somme messe a disposizione dal Pnrr. A nome di chi oggi non ha la forza di parlare perché intento a curarsi le ferite, o perché già morto, chiediamo a chiunque oggi ha il potere di cambiare il proprio pezzettino di mondo di scegliere da che parte stare, di battere un colpo, di non restare indifferenti".