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Lunedì, 29 Aprile 2024
Attualità

L’intelligenza artificiale nel messaggio del vescovo Crociata durante la messa di Capodanno

Nel primo giorno del 2024 nella cattedrale San Marco la messa nella solennità di Maria Santissima Madre di Dio. Durante l’omelia affrontato un tema di stretta attualità

Un tema di strettissima attualità come quello dell'intelligenza artificiale è stato al centro dell’omelia del vescovo di Latina, Mariano Crociata, durante la tradizionale messa di Capodanno. Alle 18 del 1° gennaio si è infatti tenuta nella cattedrale di San Marco la messa nella solennità di Maria Santissima Madre di Dio. 

Nel corso della celebrazione c’è stata anche la tradizionale presentazione alle autorità politiche e istituzionali pontine del messaggio di papa Francesco per la LVII Giornata mondiale della Pace, che ha avuto come tema: “Intelligenza artificiale e pace”. "Il problema allora - è stato uno dei passaggi dellìomelia del vescovo Crociata - non è l’intelligenza artificiale, ma se e come l’essere umano vuole essere e rimanere sé stesso di fronte ad essa".

L'omelia

Di seguito l’omelia integrale del vescovo Crociata:

Cari fratelli e sorelle,
saluto ancora una volta tutti voi convenuti per la celebrazione dell’ottava di Natale e della solennità della Madre di Dio nel primo giorno del nuovo anno. Un saluto particolare rivolgo alle autorità civili e militari e ai responsabili delle istituzioni e organizzazioni sociali che hanno accettato l’invito a questa celebrazione nella quale, come ogni inizio anno, vogliamo portare la nostra attenzione sul Messaggio che il Papa rivolge ai fedeli cattolici e a tutte le persone di buona volontà, oltre che ai governanti e ai responsabili delle istituzioni internazionali, in occasione della Giornata mondiale della pace che viene celebrata appunto ogni primo giorno dell’anno. 
Anche quest’anno sentiamo la necessità e l’urgenza di riflettere e pregare per la pace, poiché non solo la guerra contro l’Ucraina prosegue inesorabile, ma anche nella Terra Santa, dove Gesù è nato, si combatte e si muore, tra terrorismo feroce e repressione spietata, senza che si vedano prospettive di tregua e con sofferenze immani di un intero popolo. Il Messaggio del Papa, tuttavia, non si sofferma direttamente su tali drammatiche situazioni, ma tocca un tema che comunque ha a che fare pure con le guerre. Tratta infatti di un argomento di cui da non molto tempo abbiamo cominciato a sentire parlare, e cioè “Intelligenza artificiale e pace”: proprio questo è infatti il titolo del Messaggio. 
Di per sé si tratta di un argomento molto tecnico, che anch’io non avrei gli strumenti per presentare adeguatamente. Nondimeno possiamo farcene un’idea, dicendo, semplificando alquanto, che l’intelligenza artificiale è la raccolta di dati di conoscenza di ogni genere ad opera di macchine sempre più complesse capaci di accumulare quantità crescenti di informazioni e di correlarle tra di loro con livelli di autonomia sempre maggiori. Ciò che è sorprendente, e che può risultare inquietante, è la capacità di elaborazione e di calcolo che queste macchine hanno, superando smisuratamente le capacità dell’intelligenza umana. Ciò che è poi importante è che l’intelligenza artificiale può essere applicata in tutti gli ambiti della conoscenza e dell’attività umana, sia in bene che in male. Per rimanere sul tema della pace, basti pensare a come diventa possibile costruire armi, per così dire, intelligenti, le quali senza il coinvolgimento diretto dell’uomo sono abilitate a colpire bersagli imprevedibili e remoti portando distruzione e morte. E le guerre in corso ne sanno qualcosa. 
Naturalmente i suoi usi possono essere anche straordinariamente positivi, poiché potenziano le capacità umane di programmazione, di sviluppo, di previsione, di intervento per affrontare problemi e superare ostacoli; per esempio, come dice lo stesso Messaggio, nell’ambito dell’educazione, ma anche della ricerca medica e scientifica, o di salvaguardia dell’ambiente, solo per citarne alcuni. Si tratta, come si intuisce, di possibilità e strumenti che possono essere usati per il bene o per il male, un po’ come è avvenuto per l’energia atomica, capace di offrire benessere o morte a seconda delle scelte compiute da chi la usa. Ed è qui il punto su cui il Messaggio del Papa invita a riflettere e su cui ci soffermeremo fra un attimo.
Voglio infatti farvi prima notare il valore profetico della scelta del tema di questo Messaggio, che affronta qualcosa che solo apparentemente è astruso, quando invece in breve tempo diventerà presente fino all’invadenza e perfino ingombrante nella vita di tutti. E non ci mancano i segnali, se solo consideriamo come l’uso degli algoritmi (che adesso mi consentite di non stare a spiegare) renda possibile la profilazione dei nostri gusti in materia di acquisti e di consumo, solo attraverso la raccolta di informazioni sulle scelte che facciamo o dichiariamo sui social o comunque in internet. Ma fosse solo per finalità commerciali (che non è poco!); quel che si prospetta riguarda tanti altri aspetti più intimi e personali di ciascuno di noi.
Che cosa è in gioco? È in gioco la persona umana; è in gioco la sua libertà; è in gioco, per esempio ancora, la differenza tra informazione e disinformazione, tra notizie vere e fake news, cioè false verità costruite ad arte per far credere vero ciò che vero non è. Ed è su tutto questo che il Papa vuole richiamare l’attenzione, dichiarando che c’è bisogna di etica, cioè di senso del bene e del male, nella creazione e nell’applicazione dell’intelligenza artificiale, e di spirito critico nell’uso dei suoi strumenti e dei suoi prodotti. E poi ancora che c’è bisogno che le istituzioni nazionali e internazionali – ha già cominciato l’Unione Europea a lavorare in tal senso, come pure il nostro Paese – si dotino di strumenti di regolazione e di controllo perché l’intelligenza artificiale sia a beneficio e non a danno delle persone, singoli e collettività. 
C’è un rischio in tutto questo; ma quando mai il progresso dell’umanità non ha portato con sé dei rischi? Non si tratta di demonizzare e nemmeno, all’opposto, di ignorare qualcosa che si sta compiendo al di là delle nostre possibilità di controllo, si tratta di imparare a misurarsi con queste sfide. Il rischio più grande è infatti quello di limitarsi a condannare, a respingere o anche soltanto a far finta che la cosa non ci riguardi, poiché invece questa faccenda interessa tutti. Il Messaggio vuole trasmettere infatti proprio che dobbiamo metterci in gioco con la nostra responsabilità, non fuggire dinanzi alla realtà, ma scegliere di affrontarla e imparare a farlo. Questo porterà pace; ignorare o girarsi dall’altra parte presto o tardi porterà guerra. 
Che cosa possiamo fare? Innanzitutto, cercare di salvaguardare e promuovere la nostra autentica umanità. In questo l’esperienza religiosa, e l’esperienza cristiana in specie, ha molto da darci e da aiutarci per mantenere vivo il nostro senso di ciò che è veramente umano. Il Messaggio al riguardo ricorda una verità davvero importante, e cioè il senso del limite, la consapevolezza che siamo creature e che siamo creature limitate, e che quando rimuoviamo il senso del limite allora ci avviciniamo pericolosamente al baratro estremo dell’autodistruzione. Senso del limite significa non cadere preda di quello che il Papa, e non solo lui, già nella Laudato si’ (n. 106) chiama il paradigma tecnocratico, che sembra una brutta parola ma in realtà condensa una constatazione fondamentale. Esso significa semplicemente la logica cieca e inesorabile propria della tecnica, che consiste nell’accrescere sempre di più la propria potenza, senza considerazione per niente altro e per nessuno. In altre parole, per la tecnica ciò che conta è che una cosa si possa fare, non perché e non a condizione che sia buona o cattiva, ma solamente perché fattibile. Secondo il paradigma tecnocratico, se si può fare, si deve fare. Il pericolo per noi umani è assecondare questa logica, lasciarla agire diventandone più o meno consapevolmente succubi. 
Il problema allora non è l’intelligenza artificiale, ma se e come l’essere umano vuole essere e rimanere sé stesso di fronte ad essa. Concludiamo allora chiedendoci ancora che cosa fare. Il nostro compito è racchiuso in due parole: coscienza e conoscenza. Non rinunciamo mai alla nostra coscienza, che dobbiamo cercare di tenere vigile e formata, perché il suo giudizio e quindi la sua voce giunga sempre chiara alla nostra mente e al nostro cuore. E poi conoscenza, che vuol dire imparare a conoscere e a valutare gli strumenti che usiamo, non limitandoci ad apprezzarne il vantaggio per l’utilità che procurano, ma considerando anche gli effetti negativi diretti e indiretti che producono su noi e su altri. A questa coscienza e conoscenza dobbiamo poi educare le nuove generazioni, che spesso crescono a pane e schermo, o meglio a merendine e social. 
Quella di oggi è stata davvero un’omelia insolita, ma la circostanza lo richiedeva. Questo non toglie che il suo scopo è stato quello di nutrire la nostra fede, poiché la fede non vive fuori dalla realtà, vuole invece illuminare e orientare nelle circostanze più diverse della vita e aiutare a compiere le scelte giuste, a perseguire il bene, a prenderci a cuore il futuro nostro e degli altri. In questo inizio di un nuovo anno rinnoviamo la fiducia che il Signore è con noi, non ci abbandona ma ci guida nell’affrontare le sfide che la vita presenta. Egli ci ha dotati di una intelligenza che dobbiamo sempre di nuovo imparare a usare per la sua gloria e per il bene dei fratelli, senza dimenticare che l’essere umano rimarrà sempre superiore alle macchine, perché è stato creato persona costituita di spirito, libertà e verità. 
A Maria, Madre di Dio, affidiamo ogni nostra preoccupazione e chiediamo che interceda perché abbiamo sempre chiaro nella mente e forte nella volontà che la nostra vita è un dono e una chiamata a cui vogliamo rispondere con tutto il nostro amore, la nostra fede, la nostra intelligenza
”. 

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