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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca Sabaudia

Incendio allo stabilimento balneare, condannata la titolare di un'attività concorrente

Due anni e otto mesi a Mirella D'Indio, riconosciuta la mandante del rogo che distrusse il Duna 31.5 sul lungomare di Sabaudia. Assolta la figlia

Si è concluso con una condanna e un'assoluzione il processo a carico di madre e figlia accusate di avere commissionato l'incendio dello stabilimento Duna 31.5 di Sabaudia. Il giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Latina Mario La Rosa nel tardo pomeriggio di oggi, giovedì 22 giugno, ha condannato Mirella D'Indio a 2 anni e otto mesi di reclusione riconoscendola colpevole di incendio doloso e assolto invece la figlia dalla stessa accusa.

Le due donne erano finite agli arresti domiciliari e a ottobre dello scorso anno quali mandanti  del rogo che nella notte tra il 5 e il 6 gennaio dello scorso anno aveva distrutto la struttura balneare. Secondo la ricostruzione operata dagli investigatori la D'Indio e la figlia avrebbero pagato circa 500 euro, a due ragazzi di Sabaudia, Valerio Toselli e Simone Petrucci, di 30 e 32 anni, per appiccare le fiamme: all'origine del gesto la concessione demaniale assegnata alla struttura distrutta dal fuoco, concessione che invece volevano le due donne e che era stata aggiudicata alla società rivale. Nella zona limitrofa al rogo era stata rinvenuta una bottiglia contenente dei residui di liquido infiammabile e le testimonianze di numerose persone, tra cui i titolari dello stabilimento e i gestori degli stabilimenti e dei chioschi vicini, avevano fatto cadere i sospetti sull'attività di noleggio di sdraio e ombrelloni che era cessata per le ripetute violazioni accertate dai carabinieri forestali e che era stata poi riaperta in un'altra zona del lungomare di Sabaudia, i cui titolari avevano avuto screzi proprio con i destinatari dell'attentato. 

Mentre Valerio Toselli e Simone Petrucci hanno scelto di essere giudicati con rito ordinario madre e figlia hanno optato per il  processo con rito abbreviato che si è concluso oggi. Il pubblico ministero Giorgia Orlando a conclusione della sua requisitoria ha chiesto una condanna a due anni di reclusione per entrambe le imputate mentre il legale dei titolari dello stabilimento distrutto dalle fiamme, che si sono costituiti parte civile, ha avanzato una richiesta di risarcimento di 50mila euro. La difesa ha invece sollecitato l'assoluzione sostenendo che le donne non hanno commissionato il rogo.

A conclusione della camera di consiglio il gup La Rosa ha riconosciuto la D'Indio colpevole di incendio doloso e l'ha condannata a due anni e otto mesi mentre ha assolto la figlia da ogni accusa. Il risarcimento sarà definito in sede civile.

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