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Cronaca Aprilia

Sequestro di persona e tentata estorsione mafiosa, in aula parlano i testimoni

In Corte d'assise il processo a Tommaso Anzeloni, accusato di avere tenuto in ostaggio e malmenato un dipendente della ditta dalla quale rivendicava soldi

Testimoni titubanti ma alla fine hanno dovuto confermare le minacce e il sequestro di persona nell’udienza del processo a carico di Tommaso Anzaloni, arrestato il 2 agosto dello scorso anno dagli agenti delle squadre mobili di Roma e Latina, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia.

L’uomo deve rispondere di sequestro di persona a scopo di estorsione nonché di una tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso davanti alla Corte di assise di Latina presieduta da Gian Luca Soana per una vicenda che si è sviluppata tra Roma, Aprilia, Latina e Nettuno il 9 maggio 2022 quando alle forze dell’ordine arrivò la segnalazione da parte di una società romana di costruzione sul sequestro di un suo dipendente ad Aprilia.

E questa mattina in aula, rispondendo alle domande del pubblico ministero della Dda Corrado Fasanelli, il titolare della ditta edile per la quale l’imputato lavorava in subappalto ha ricostruito quella giornata a partire dai primi messaggi ricevuti con i quali Anzaloni, molto arrabbiato, reclamava quanto dovuto e poi minacciava il suo interlocutore con espressioni tipo “Io ti spanzo”. Poi l’invio di un video che ritraeva l’imputato in compagnia del collaboratore della società con il viso palesemente tumefatto e la minaccia di sparagli mimando il gesto della pistola con la mano. Nei messaggi inviati avrebbe anche minacciato di far intervenire persone riconducibili a un gruppo criminale mafioso.

La vittima era stata costretta ad entrare nella autovettura dell’indagato ed era stata privata della libertà per circa 5 ore, durante le quali era stata minacciata e picchiata poi obbligata a consegnare 320 euro in contanti e altri 1300 euro prelevati al bancomat. Soltanto dopo aver ottenuto il pagamento di 1620 euro, Anzeloni aveva deciso di riaccompagnare la vittima alla sua auto, liberandola e dileguandosi. La motivazione del gesto era da ricondurre a un credito vantato dal 36enne, nei confronti della società romana di circa 10mila euro per la ristrutturazione di un immobile. “Ero preoccupato per il nostro collaboratore – ha ammesso alla fine il testimone – e così ho presentao una denuncia ai carabinieri”. 

Anche il secondo teste ha confermato delle rivendicazioni dell'imputato rispetto alla ditta romana e ha raccontato di avere medicato la vittima del sequestro con del ghiaccio e qualche cerotto".

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