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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca

Reddito di cittadinanza nonostante i familiari detenuti, processo per due Di Silvio

La nuora e la figlia di Armando Lallà sono state rinviate a giudizio: oltre alle omissioni erano anche evase dai domiciliari per presentare la richiesta

Due donne della famiglia Di Silvio sono state rinviate a giudizio per avere indebitamente percepito il reddito di cittadinanza omettendo alcune informazioni che avrebbero consentito loro di ottenerlo e per avere presentato la richiesta evadendo dagli arresti domiciliari, regime al quale erano sottoposte.

 Angela e Genoveffa Sara Di Silvio, 32 e 29 anni, sono rispettivamente la nuora del capo clan di Armando detto Lallà essendo la moglie di Samuele e la figlia di Armando e sono chiamate a rispondere di un reato commesso nel 2019.  Alcuni accertamenti da parte dei carabinieri avevano consentito di scoprire che Angela Di Silvio al momento di presentare la richiesta per ottenere il reddito di cittadinanza era sottoposta al regime degli arresti domiciliari con provvedimento del tribunale di Roma nell'ambito dell’operazione “Alba Pontina” che aveva coinvolto l’intera famiglia. La donna aveva omesso di indicare che tutti famiglia erano sottoposti a misura cautelare detentiva, una circostanza che esclude la possibilità di accedere al beneficio reddituale. Che comunque l’Inps aveva concesso a partire da ottobre 2019. Situazione analoga per Genoveffa Sara Di Silvio il cui marito era detenuto in carcere sempre per “Alba Pontina”. Inoltre aveva escluso dal nucleo familiare la suocera che percepiva reddito da lavoro dipendente. Anche in questo caso l’Inps aveva concesso il beneficio. A entrambe, dopo la denuncia, è stato revocato il reddito di cittadinanza percepito per un anno da novembre 2019 a novembre 2020, per un totale di 10mila euro per ciascun nucleo familiare. Le componenti del clan di Campo Boario sono anche accusate di evasione avendo lasciato casa dove erano agli arresti domiciliari per recarsi al patronato di Latina per presentare la richiesta.

Le due donne ci avevano anche riprovato e alla fine del 2020 avevano presentato entrambe nuove domande per la concessione di un ulteriore reddito di cittadinanza che contenevano le stesse false dichiarazioni: le istanze dunque erano state nuovamente approvate dall'Inps ma i carabinieri del Nucleo dell'ispettorato del lavoro avevano avvisato l’ente erogatore cha aveva alla fine bloccato la pratica. Ieri matinna le due, assistite dall'avvocato Emanuele Farelli, sono comparse davanti al giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina Giuseppe Cario il quale, accogliendo la richiesta del pubblico ministero, ha disposto il rinvio a giudizio: il processo prenderà il via il 7 ottobre prossimo davanti al giudice monocratico Paolo Romano. 

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