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Cronaca Formia

Riciclaggio internazionale: il sistema ideato da due professionisti pontini. Sequestri per 21 milioni di euro

L'indagine Piccadilly coordinata dalla procura di Napoli nord e condotta dalla guardia di finanza di Formia. Decine di indagati in Italia e all'estero, tre arresti

Sei indagati per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio internazionale, tre arresti in carcere, altri 16 indagati per intestazione fittizia di beni e concorso in riciclaggio e un sequestro preventivo finalizzato alla confisca del valore di oltre 21 milioni di euro su beni mobili e immobili, quote societarie e conti correnti riconducibili alle persone coinvolte. L'inchiesta che ha portato all'operazione "Piccadilly" è stata coordinata dalla procura della Repubblica di Napoli Nord e condotta dal gruppo della guardia di finanza di Formia.

Frodi fiscali e trasferimenti all'estero

Il valore del patrimonio finito sotto sequestro rappresenta però solo una piccola parte delle somme riciclate dall'organizzazione criminale di cui gli arrestati fanno parte e costituisce il profitto dei reati di frode fiscale commessi in Italia dagli amministratori di diritto e di fatto di società che operano nel settore del commercio all’ingrosso di calzature e abbigliamento che sono state oggetto di plurimi trasferimenti all’estero, attraverso la costituzione di società “cartiere”. Queste ultime erano necessarie al gruppo per l’apertura di conti correnti di comodo dove far transitare le somme. Dopo il passaggio intermedio e transitorio il denaro finiva su conti correnti di società italiane, anch’esse create ad hoc e utilizzate al solo scopo di recidere ogni legame con l’illecita provenienza, prima di tornare nella disponibilità degli amministratori delle società coinvolte nella frode fiscale internazionale, indagati anche per i reati di intestazione fittizia e di autoriciclaggio.

L'operazione della guardia di finanza - Il video

Il meccanismo del riciclaggio del denaro illecito

Attraverso l'inchiesta è stato accertato che tutte le operazioni compiute dagli indagati sono state caratterizzate dalla previsione di una finalità unica: quella di ostacolare l’identificazione della provenienza illecita del denaro. Le modalità utilizzate hanno messo in evidenza la coscienza e volontà degli indagati di trasferire e sostituire il denaro proveniente dalle frodi fiscali. Proprio a questo servivano le società "veicolo”, la frammentazione delle somme, l'utilizzo di plurimi canali bancari esteri (in Gran Bretagna, Lituania e Bulgaria), il denaro fatto transitare sui diversi conti corrente italiani ed esteri in un ristrettissimo arco temporale e, ancora, la dinamicità con cui sono state eseguite tutte le operazioni. I componenti del gruppo criminale sono riconducibili a una serie di società estere “precostituite”, “chiavi in mano”, funzionali esclusivamente a giustificare le prestazioni offerte alla clientela della società londinese gestita dai capi promotori dell’associazione a delinquere.

Con queste società che esistevano solo sulla carta all’occorrenza venivano realizzate fittizie operazioni commerciali di compravendita, necessarie per giustificare le movimentazioni di denaro in entrata e in uscita dai conti correnti utilizzati come salvadanaio delle provviste economiche sottratte dai loro “clienti” al fisco, per poi essere rimesse nella disponibilità di quegli stessi imprenditori.

I vertici e le menti dell'organizzazione

Il provvedimento è stato eseguito con la collaborazione dei collaterali esteri anche in Bulgaria e Lituania, dove l'autorità giudiziaria partenopea ha inoltrato un ordine europeo di Indagine penale. Le indagini iniziate nel dicembre 2020 hanno ricostruito il meccanismo di riciclaggio aggravato dalla transnazionalità ideato dai due professionisti di Formia e Gaeta. di 62 e 46 anni, che nel corso degli anni ha permesso a diversi imprenditori italiani di riciclare all’estero ingenti somme. Più precisamente, è stato accertato che la rete di riciclaggio ideata dai due professionisti del sud pontino, esperti nel settore della consulenza fiscale e finanziaria, coinvolgeva soggetti economici di diversi Stati esteri, tra cui Regno Unito, Bulgaria, Lituania, Polonia e Malta. In questi Paesi, con l’ausilio dei prevenuti erano aperti rapporti bancari sui quali confluivano i capitali illeciti, che prima di essere depositati erano soggetti a svariati passaggi sui conti correnti riconducibili a società italiane, con il chiaro fine di rendere più complesso, se non impossibile, l’accertamento della provenienza illecita. Le ingenti provviste di denaro venivano prima “stratificate” attraverso il deposito su numerosi conti correnti italiani intestati a diverse società con la causale “acconto/pagamento fatture”. Contestualmente, da tali conti, le somme venivano veicolate su diversi conti correnti esteri ed intestati a svariate società di diritto straniero, con causali inverosimili. Le attività investigative, oltre a ricostruire lo schema lo schema di riciclaggio, hanno permesso di raccogliere importanti elementi che fanno ritenere come i due “colletti bianchi” del sud pontino, abbiano negli anni costituito il centro nevralgico di un meccanismo di riciclaggio internazionale rodato che mettevano a disposizione di che avesse avuto bisogno di questo servizio.

I due “riciclatori seriali” disponevano di una società londinese di consulenza finanziaria e, tramite questa, fornivano non solo imprese britanniche “pronte all’uso” che assicuravano l’apertura di conti correnti in Europa, ma anche un servizio che garantiva l’assoluto anonimato, individuando all’occorrenza soggetti prestanome cui intestare le varie entità giuridiche o i conti bancari. Tra questi vale la pena di citare un soggetto residente a Milano, parte integrante del sodalizio criminoso.

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