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Lunedì, 29 Aprile 2024
Sentenza batosta

Costretti a lavorare per 400 euro e a vivere in una roulotte: imprenditore condannato a cinque anni

La sentenza del processo a Procolo Di Bonito, titolare di un'azienda agricola di Borgo Sabotino: a denunciarlo un bracciante indiano

Pesante condanna per l'imprenditore agricolo di Borgo Sabotino Procolo Di Bonito al quale il giudice mono cratico del Tribunale di Latina Simona Sergio ha inflitto una pena di cinque anni di reclusione per sfruttamento del lavoro mentre alla figlia Romina un anno con la sospensione condizionale della pena.

L’inchiesta risale al novembre 2017 quando il bracciante indiano Singh Balbir, che lavora in quell'azienda agricola dal 2009 decide di non stare più in silenzio e si rivolge prima alla Comunità indiana del Lazio e poi a Marco Omizzolo, sociologo e fondatore dell’associazione In Migrazione: a loro racconta altro le disumane condizioni nelle quali sono costretti a vivere e lavorare lui ed un altro bracciante italiano in quell'azienda. In cambio di una retribuzione di circa 400 euro stanno nei campi 11 ore al giorno, non possono beneficiare né di ferie né di riposi settimanali e alloggiano in una vecchia roulotte sistemata in un capannone dell'azienda senza servizi sanitari né elettricità tanto che per lavarsi devono utilizzare una doccia esterna o il tubo per la pulizia della stalla, sia in estate che in inverno. A quel punto viene presentata una denuncia ai carabinieri che dopo un'ispezione a Borgo Sabotino scoprono che è tutto vero.

Di Bonito e la figlia vengono indagati per aver impiegato in maniera irregolare i due lavoratori sottoponendo gli stessi a sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno. In particolare gli imputati avrebbero reiteratamente retribuito i lavoratori in modo difforme da quanto previsto dai contratti collettivi di settore e comunque in modo sproporzionato rispetto alla quantità di lavoro svolto, senza rispettare il riposo settimanale oltre che l’orario di lavoro. 

E' stato lo stesso Balbir, che ha ottenuto un permesso di soggiorno per motivi di giustizia, a raccontare nell'aula del Tribunale quelle condizioni di lavoro: oggi è occupato in un'altra azienda in una località segreta della provincia e nel processo si è costituito parte civile con l'avvocato Arturo Salerni. Ieri la sentenza del Tribunale che è andata ben oltre la richiesta dell'accusa che aveva sollecitato per l'imprenditore due anni e mezzo di carcere mentre le pena è stata raddoppiata. Riconosciuta anche una provvisionale di 12mila euro a favore del bracciante.

"Questa è una sentenza straordinariamente importante commenta Marco Omizzolo - e dopo 6 anni di processo abbiamo vinto noi. Oggi c'è profumo di libertà nell’aria".

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