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L'inchiesta

Corruzione in Tribunale, i timori della giudice Castriota e il telefono distrutto: “Lo ha mangiato il cane”

Gli arresti del 20 aprile del giudice e dei due professionisti romani, che avevano incarichi di collaborazione nell'ambito dell'amministrazione giudiziaria, si sono resi necessari anche alla luce del pericolo di inquinamento delle prove

Nell’ordinanza firmata dalla gip di Perugia Natalia Giubilei con cui sono state disposte le tre misure cautelari nei confronti della giudice del Tribunale di Latina Giorgia Castriota e dei due professionisti romani, il compagno Silvano Ferraro e l’amica Stefania Vitto che avevano incarichi di collaborazione nell'ambito dell'amministrazione giudiziaria di beni sequestrati, vengono documentati anche i giorni immediatamente precedenti agli arresti che sono scattati giovedì 20 aprile. Giorni in cui Castriota e gli altri indagati mostrano i timori dopo essere stati portati a conoscenza delle indagini a loro carico. Come sappiamo la giudice e il compagno sono finiti in carcere mentre Vitto ai domiciliari al termine delle indagini che la Procura di Perugia ha affidato alla Guardia di finanza del capoluogo umbro; nei loro confronti le accuse sono, a vario titolo, di corruzione per atti contrario ai doveri di ufficio, corruzione in atti giudiziari e induzione indebita a dare o promettere utilità. 

“Un quadro granitico di gravità indiziaria”

Le indagini hanno preso il via dopo la denuncia presentata da Fabrizio Coscione che lamentava “la opacità nella gestione da parte dell’amministratore giudiziario, con l’avallo” della stessa giudice, e sono state portate avanti principalmente attraverso le intercettazioni telefoniche e i riscontri documentali acquisiti che “hanno fornito - si legge nell’ordinanza- un quadro granitico di gravità indiziaria” ma che rendono necessarie comunque “ulteriori verifiche sia sui procedimenti in corso, che su quelli passati, al fine di riscontrare se lo schema delineato nell’amministrazione giudiziaria oggetto di indagine, non sia già stato utilizzato in altri casi, con i medesimi risultati”. Per questo, scrive ancora la giudice che ha disposto gli arresti, “si ritiene quindi che sia necessario limitare la libertà degli indagati Castriota e Ferraro nella misura più completa, anche alla luce del fatto che gli stessi sono stati portati a conoscenza della presente indagine, avendo ricevuto recentemente la notifica della proroga delle indagini preliminari richiesta dal pubblico ministero”. 

I timori per l’indagine 

Episodio quest’ultimo che ha “gettato nel panico” gli indagati per i quali si è reso necessario l’arresto anche alla luce del pericolo di inquinamento delle prove. Siamo ai primi giorni di aprile quando Evangelista informa Castriota di aver ricevuto la notifica della proroga delle indagini, per reati di corruzione, che vedeva indagati loro due e Ferraro. A questo punto la gip del Tribunale di Latina “prima telefonava ad un avvocato, poi al procuratore aggiunto Lasperanza, informandolo del fatto che Coscione li aveva denunciati e che vi era in corso una indagine a Perugia, venendo rassicurata sul fatto che anche lui in passato era stato denunciato, e che tali denunce erano sempre state archiviate”. Ma lei non si tranquillizza. Sia la gip che Vitto iniziano a manifestare l’intenzione di sostituire i telefoni e anche gli altri indagati iniziano ad adottare maggiori accorgimenti, accordandosi per chiamarsi su Whatsapp e vedersi di persona. Nel corso di una conversazione del primo aprile la giudice parlando con Evangelista circa la possibilità di andare a fare un “interrogatorio al buio” a Perugia dice: “si però i compensi non è che li hai dati a me… cioè voglio dire a me non mi ha dato niente nessuno… questa cosa cioè la potrebbero chiedere tranquillamente a te o a Silvano ma anche a chiunque ma insomma penso che non possiate certamente dire che io vi ho chiesto qualcosa o che mi avete dato qualcosa per l’amor di Dio non è avvenuta”. Questa affermazione, scrive ancora la giudice firmataria dell’ordinanza, “si può spiegare alla luce della volontà di preparare una strategia difensiva, mettendo in guardia Evangelista che, nel caso in cui gli fosse richiesto, deve affermare di non aver mai dato nulla alla Castriota, e che, per quanto a sua conoscenza” la giudice “non ha ricevuto denaro da nessuno”.

Il telefono distrutto: “Lo ha mangiato il cane”

Ma gli indagati mettono in atto altre condotte per evitare l’acquisizione di riscontri probatori, in particolare attraverso la distruzione di elementi contenuti nello smartphone o nel pc, il disfarsi di qualsivoglia bene di lusso in proprio possesso, come ad esempio borse o orologi, e il condizionamento di eventuali testimoni. Emerge, si legge ancora nel provvedimento, che “Castriota abbia dapprima manifestato l’intenzione di permutare il telefono poi, evidentemente non sentendosi sicura, lo abbia distrutto – salvo poi dichiarare che è stato il cane - al fine evidente di renderne impossibile la raccolta dei dati e quindi di elementi di riscontro, conoscendo la stessa le procedure ed essendosi verosimilmente rappresentata che, in caso di applicazione di una misura cautelare, potesse conseguire il sequestro degli apparati elettronici – telefoni e computer – di cui gli indagati si stanno disfacendo”. In una telefonata con una donna del 4 aprile dichiara infatti che il cane le aveva “mangiato il telefono” e ridotto “in mille pezzi”, perdendone i dati memorizzati. Solo due giorni dopo parlando con Ferraro ipotizzano la possibilità di “permutare un fisso (ndr PC) per un portatile”, suscitando il timore del primo che possa essere visto dalle telecamere di sorveglianza dell’esercizio commerciale. 

“Così come sembra si siano disfatti o stiano cercando si nascondere oggetti di lusso, affermando la Castriota di possedere solo un vecchio Rolex del padre, mentre è emerso che l’8 marzo ha ricevuto in regalo un Rolex dal Ferraro del valore di 6.300 euro”. Non solo, ma per la giudice “anche la strenue difesa che fa al telefono di sé stessa, affermando con gli interlocutori di ‘non aver preso niente’ potrebbe essere dettata dal fatto di sospettare, come si evince dalla cessazione quasi completa delle comunicazioni telefoniche e dagli accorgimenti adottati nell’incontrarsi di persona e di telefonarsi via Whatsapp, che siano in corso intercettazioni telefoniche a proprio carico, volendo quindi far sentire solo ciò che conviene”.

La posizione di Ferraro

Anche la posizione di Ferraro, si legge ancora tra le pagine dell’ordinanza “che ha da sempre agito in accordo con la compagna, non si discosta, apparendo egli il promotore, il coordinatore e l’elemento di unione di tutto il gruppo; il suo coinvolgimento diretto, i rapporti con gli indagati e con altri professionisti, la maggiore libertà di movimento rispetto” alla giudice “che in quanto tale, ha cercato di rimanere più in ombra rendono estremamente attuale il pericolo che anche egli possa sottrarre alle indagini elementi di riscontro, o possa parlare con persone informate dei fatti, a fine di indirizzarne le dichiarazioni”.

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