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L'indagine della procura di Perugia

Corruzione in tribunale, arrestata la giudice Castriota: gioielli e abbonamento all'Olimpico in cambio di incarichi

Arrestati anche due professionisti romani che assumevano ruoli nell'ambito dell'amministrazione dei beni sequestrati. Altre due persone indagate

Atti contrari a doveri di ufficio, corruzione in atti giudiziari e induzione indebita a dare o promettere utilità. Sono le pesanti accuse mosse dalla procura di Perugia nei confronti di una giudice in servizio al tribunale di Latina e di due professionisti romani che avevano incarichi di collaborazione nell'ambito dell'amministrazione giudiziaria di beni sequestrati. L'indagine, su delega della procura di Perugia, è stata condotta dal comando provinciale della guardia di finanza. Destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere sono la giudice per le indagini preliminari del tribunale di Latina Giorgia Castriota e Silvano Ferraro, ai domiciliari invece Stefania Vitto. 

Giudice arrestata: come è nata l'inchiesta

L'inchiesta scaturisce da una denuncia presentata dal rappresentante legale di alcune società, riconducibili a un gruppo che opera nel settore della logistica, sottoposte a sequestro nell'ambito di un procedimento legato a reati tributari aperto dalla procura di Latina. L'imprenditore segnalava in particolare irregolarità e condotte sospette e poco trasparenti nella gestione di beni aziendali sequestrati da parte degli amministratori giudiziari, con l'avallo del gip in servizio a Latina.

Incarichi sospetti attribuiti agli amici

Come riportato in una nota della procura di Perugia firmata dal procuratore Raffaele Cantone, "il conferimento degli incarichi sarebbe avvenuto al di fuori di qualsiasi criterio oggettivo e soprattutto in contrasto con il disposto dell’art. 35, comma 4-bis, del decreto legislativo 159/2011, che stabilisce il divieto di assumere il ruolo di amministratore giudiziario e coadiutore da parte di coloro che hanno, con il magistrato che conferisce l’incarico, un'assidua frequentazione, intendendosi per tale quella derivante da una relazione sentimentale o da un rapporto di amicizia stabilmente protrattosi nel tempo e connotato da reciproca confidenza, nonché il rapporto di frequentazione tra commensali abituali”. Nell'ordinanza cautelare il gip del tribunale di Perugia rileva che attraverso le intercettazioni telefoniche e iriscontri documentali acquisiti emerge "un quadrogranitico di gravità indiziaria" da cui emerge "un chiaro accordo corruttivo e di vendita della funzione, nel quale i soggetti nominati... all'interno dell'amministrazione, già legati... da rapporti personali pregressi, retrocedevano al magistrato, sotto forma di contributo mensile e altre regalie, parte del denaro che (lo stesso giudice) liquidava loro per l'adempimento degli incarichi". Determinanti per le indagini sono stati i servizi di osservazione, controllo e pedinamento, le intercettazioni telefoniche e ambientali ma anche l’acquisizione e l’analisi della documentazione bancaria e delle movimentazioni finanziarie dei soggetti coinvolti, attraverso cui è stato possibile isolare gravi indizi di colpevolezza a carico dei tre arrestati e di altre due persone indagate e ricostruire la rete di rapporti di frequentazione e amicizia fra i soggetti che hanno percepito compensi particolarmente cospicui all’interno dell’amministrazione giudiziaria.

In cambio denaro, gioielli e l'abbonamento allo stadio Olimpico

L’investigazione ha svelato dunque una rete di favoritismi che regolava l’attribuzione di incarichi. Secondo l’ipotesi accusatoria, la giudice “non solo avrebbe direttamente nominato e agevolato il conferimento di incarichi a persone con cui intratteneva rapporti personali consolidati, ma avrebbe percepito sistematicamente parte dei compensi di denaro che lei stessa liquidava nell’ambito dell’amministrazione giudiziaria. Nelle pagine dell’ordinanza del gip del tribunale di Perugia si parla anche di gioielli, orologi, viaggi e perfino di un abbonamento annuale per assistere in tribuna d’onore allo stadio Olimpico di Roma alle partite di una squadra di calcio, che la giudice avrebbe ottenuto proprio dai soggetti che inseriva nell’amministrazione giudiziaria.

La "mala gestione" tutelata da ingerenze esterne

Alla giudice Giorgia Castriota, sono contestati plurimi atti contrari ai doveri d’ufficio nella gestione delle società che erano oggetto di sequestro. Il riferimento è all’omessa vigilanza o alla mancata denuncia di attività illecite degli ex amministratori ma anche a condotte “attive” legate all’intenzione di portare le società al fallimento per poi nominare come curatori gli stessi professionisti indagati. L’obiettivo era mantenere il controllo su tutte le fasi della procedura senza perdere "possibili fonti di guadagno e al contempo tutelare se stessa da ingerenze esterne e da eventuali soggetti estranei che avrebbero potuto evidenziare la mala gestione”.Oltre ai due professionisti finiti agli arresti, Silvano Ferraro e Stefania Vitto, risultano indagate altre due persone coinvolte nello stesso giro.

Proseguono le indagini: perquisizioni in tribunale

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