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Cronaca Priverno

Traffico di droga Latina e Priverno: l'indagine nata dalla denuncia di un collaboratore di giustizia

Al telefono lo stupefacente era "insalata" o "insalata grande". Ricostruita la rete di pusher e capi piazza

Nasce da una denuncia presentata ai carabinieri nel 2019 l'operazione dei carabinieri che ieri ha portato all'arresto di 4 persone per un traffico di droga scoperto tra Latina e i Lepini. In carcere sono finiti Fabio Nalin, 32 anni di Latina, Pietro Canori, 73 anni di Priverno, Antonio Zuccaro, 34 anni di Priverno e Massimiliano Frattarelli, 45 anni anche lui di Priverno, accusate di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.

Il 25 gennaio 2019 Alessandro Cattaneo, personaggio minore ma già noto negli ambienti dello spaccio, si era recato alla stazione dei carabinieri di Priverno per denunciare di essere stato vittima di minacce e ritorsioni per la restituzione di una somma di denaro di 1.500 euro. In questo contesto aveva fatto il nome di un pusher del luogo e anche di Pietro Canori per il quale aveva lavorato a lungo prima del suo arresto e da cui indirettamente aveva subito una minaccia e un'aggressione quando aveva manifestato l'intenzione di abbandonare il gruppo criminale da lui controllato. E' da qui che comincia a essere ricostruita una florida attività di spaccio organizzata sul territorio dei Monti Lepini, tra Priverno, Sonnino, Roccagorga, Maenza e Sezze. Gli elementi raccolti dagli investigatori sono stati successivamente arricchiti dalle dichiarazioni rese da un altro collaboratore di giustizia, Agostino Riccardo consentendo così di accertare l'esistenza di un'organizzazione dedita al traffico di stupefacenti tra Latina e Priverno, di cui facevano parte Canori e Nalin che garantivano "lo stabile approvvigionamento delle zone ricomprese nel territorio dei Monti Lepini grazie a una consolidata esperienza maturata nel settore e a una solida rete di soggetti dediti alla commercializzazione dello stupefacente". Nalin riforniva il gruppo di droga mentre una rete di pusher si occupava delle piazze di spaccio.

Gli investigatori sono così riusciti a ricostruire il collegamento esistente tra i sottogruppi che si occupavano dello spaccio con i vari capi piazza, "in forza - si legge nell'ordinanza firmata dal gip - di uno stabile accordo idoneo a gestire, per il tramite di autonome reti di distribuzione, il controllo del mercato degli stupefacenti e la copertura di una vasta area". L'abitazione di Pietro Canori, come rilevato dal monitoraggio degli investigatori, era sede operativa del traffico, luogo di stoccaggio, taglio, confezionamento e vendita della merce. 

La parte più consistente del materiale probatorio è costituita da intercettazioni telefoniche e ambientali, a cui sono seguiti diversi sequestri di stupefacente nel corso delle indagini. Come emerso, gli indagati comunicavano spesso con sms tentando anche di fare ricorso a un linguaggio criptico, "ma con risultati del tutto fallimentari - rileva il gip - sia perché le loro scarse competenze linguistiche li fanno cadere in errore, sia perché le comunicazioni captate, lette in sequenza nel loro complesso, risultano chiare, consequenziali e inequivoche, laddove invece prese alla lettera integrano conversazioni surreali e senza significato". Così, a seconda dei casi, per parlare dei loro traffici o della tipologia di stupefacente, la droga diventava "insalata" o "insalata grande" o addirittura "insalata nera", mentre per descriverne la qualità diventava "monezza" e per indicarne la mancanza si faceva riferimento a espressioni tipo: "Sto a piedi" e "ho la macchina ferma".

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